Cass. civ. Sez. III, Sent., 09-05-2011, n. 10100 Danni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La s.n.c. Rock Paul, premesso di aver subito il furto di un’autovettura che era risultata poi danneggiata a seguito di un incidente causato da E.H. e da Ha.Da.

– quest’ultimo, minore all’epoca dei fatti, e sottoposto a vigilanza dell’Evangelisches Johannesstift Berlin e di H.D. – convenne in giudizio dinanzi al tribunale di Bolzano tanto la Fondazione evangelica che la H., chiedendone la condanna al pagamento della somma di circa L. 11 milioni a titolo di risarcimento danni.

Il giudice di primo grado respinse la domanda per difetto di prova che il minore, al momento dell’incidente, fosse alla guida della vettura rubata, ritenendo insufficiente, per altro verso, al fine di affermare la sussistenza di un efficace nesso causale con il danneggiamento conseguente all’incidente, la circostanza del concorso del minore stesso nel precedente reato di furto.

La corte di appello di Trento, investita del gravame proposto da dalla attrice in prime cure, lo accolse, condannando gli appellati in solido al risarcimento dei danni in favore della Rock Paul.

La sentenza è stata impugnata tanto dalla Evangelisches Johannesstift quanto da H.D. con (autonomo, benchè identico nel contenuto) ricorso per cassazione sorretto da 3 motivi.

Resiste con controricorso la snc Rock Paul.

Le parti ricorrenti hanno depositato memoria illustrativa.
Motivi della decisione

Va preliminarmente dichiarata la inammissibilità del controricorso per totale carenza di esposizione dei fatti di causa.

Il ricorso è fondato.

Con il primo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 40 e 41 c.p., artt. 2055 e 2043 c.c.;

insufficiente motivazione in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Con il secondo motivo, si denuncia violazione dell’art. 2048 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4;

motivazione omessa e/o insufficiente in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Con il terzo motivo, si denuncia violazione ed erronea applicazione dell’art. 2697 c.c.; omessa e/o insufficiente motivazione in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Il primo motivo di ricorso è pienamente fondato.

Al suo accoglimento consegue l’assorbimento delle restanti ragioni di doglianza espresse dai ricorrenti.

Come correttamente opinato dal primo giudice, i fatti di causa – partecipazione dello E. e del minore Ha. ad una settimana bianca organizzata dalla Evangelisches Johannesstift, fondazione con scopi sociali tra cui l’assistenza per 2 ore giornaliere a giovani affetti da carenze educative; allontanamento dei due giovani dall’alloggio per recarsi in una discoteca sino a tarda notte; furto da parte di entrambi dell’autovettura di proprietà della resistente; fuoriuscita di strada durante il tragitto verso l’alloggio e conseguente danneggiamento della vettura – sono tali da non consentire l’accertamento dell’effettivo conducente del veicolo, se non, in via meramente ipotetica, sulla base della presunzione semplice che alla guida si fosse posto l’ E., maggiore di età, e non l’ Ha., appena quindicenne.

E’ affetta pertanto dai denunciati vizi di violazione di legge e di difetto di motivazione la sentenza di appello nella parte in cui, ritenuta irrilevante la circostanza della esatta identificazione del conducente dell’automezzo, ha imputato l’evento di danno ad entrambi i giovani sull’erroneo presupposto che l’elemento soggettivo ed oggettivo del reato di danneggiamento fosse desumibile, in via di diretta derivazione causale, dal precedente furto del veicolo (esso si commesso in concorso), in quanto la consumazione di tale reato avrebbe comportato, ipso facto, l’accettazione del rischio di un eventuale incidente.

Contrariamente a quanto opinato dal giudice di appello, questa corte deve di converso rilevare come la verificazione dell’incidente non possa in alcun modo dirsi conseguenza causalmente collegata al furto, bensì fatto sopravvenuto di per sè solo idoneo a cagionare l’evento del danneggiamento, degradando irredimibilmente il furto, all’evidenza, al rango di mera occasione e giammai di concausa idonea a determinarlo.

Ne consegue che la mancata identificazione del conducente dell’auto al momento dell’incidente (che, va ripetuto, avrebbe potuto essere ben identificato in via presuntiva, conducendo a diversa soluzione in diritto) impone il rigetto della domanda risarcitoria svolta dall’odierna resistente, non apparendo necessari ulteriori accertamenti di fatto.

Le spese del giudizio di merito possono, per motivi di equità, attesone il controverso andamento nei due gradi di giudizio, essere interamente compensate. Va pronunciata per converso condanna della resistente alle spese del giudizio di cassazione, che si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.

La corte riuniti i ricorsi, li accoglie e decidendo nel merito rigetta la domanda. Dichiara interamente compensate le spese del giudizio di merito e condanna la resistente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che si liquidano in complessivi Euro 3.200,00 di cui Euro 200,00 per spese generali, in favore di ciascuno dei ricorrenti.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Cass. civ. Sez. III, Sent., 09-06-2011, n. 12705 Intermediazione finanziaria

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 27 ottobre 2005 la Corte di appello di Lecce, riformando la decisione di primo grado, ha rigettato la opposizione a decreto ingiuntivo proposta da C.O. e M.R. S.. Il decreto ingiuntivo era stato emesso su richiesta di .Calvo Fulvio p.i.p.d.p.,.m.d.

3.d.e.p.l.d.i.

f.s.i.f.d.c.Campa -.Sperti p.l.

c.d.u.m.d.L.9.H.r.l.C. t.-.p.q.c.a.q.i.-.c.".

i.o.c.n.i.a.d.o.b.f.

p.e.a.a. C., che, come mero intermediario, si era obbligato a procurare il finanziamento, affettivamente concesso ed anche materialmente erogato, posto che la relativa somma fu depositata presso il notaio con le modalità sopra indicate".

Il pagamento della provvigione era, infatti, correlato alla accettazione della richiesta di finanziamento e all’erogazione del relativo importo, presupposti che si erano entrambi verificati nel caso di specie.

Nel contratto non era previsto alcun termine essenziale, nel senso che la somma dovesse essere materialmente consegnata ai mutuatari già prima all’atto della stipula dell’atto pubblico.

Avverso tale decisione hanno proposto ricorso per cassazione con due motivi i coniugi S. – C..

Resiste con controricorso Ca.Fu., proponendo a sua volta ricorso incidentale in ordine alla compensazione delle spese di tutto il giudizio.

I ricorrenti principali resistono con controricorso al ricorso incidentale. Presenta memoria ex art. 378 c.p.c. Ca.Fu..
Motivi della decisione

I due ricorsi devono essere riuniti ai sensi dell’art. 335 c.p.c. in quanto proposti avverso la stessa sentenza.

1. Con il primo motivo del ricorso principale viene denunziata violazione dell’art. 1813 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

I ricorrenti hanno dedotto che il mandato di intermediazione finanziaria era finalizzato alla concessione di un prestito di L. 95.000.000 per l’acquisto di una casa e che il Ca. aveva ottenuto il finanziamento, ma non aveva erogata la somma.

Di conseguenza il mutuo, essendo un contratto reale, non si era concluso mancando la consegna del denaro.

2. Come secondo motivo viene dedotta la inesatta interpretazione dell’art.3 del mandato di intermediazione finanziaria e contraddittoria motivazione in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 5.

L’art. 3 recitava " all’accettazione della richiesta di finanziamento i richiedenti si impegnano a versare a titolo di provvigione il 3% dell’importo netto erogato.La provvigione sarà detratta dall’importo netto e versata alla Cafim di Ca.Fu. contestualmente all’erogazione del finanziamento". Poichè i coniugi S. – C. non avevano avuto la materiale disponibilità del denaro, non potevano detrarre da esso la provvigione per il Ca., alla quale questi non aveva diritto non avendo portato a termine il contratto di mutuo oggetto del mandato.

3.1 I due motivi si esaminano congiuntamente per la loro connessione logico-giuridica.

Entrambi sono infondati.

Risulta che il giorno fissato per la compravendita dell’immobile comparve davanti al notaio un funzionario dell’Istituto erogante il mutuo, che aveva con sè un assegno per l’importo di Euro 95.000.000,00, da consegnare dopo il consolidamento dell’ipoteca.

E’ pacifico che i venditori dell’immobile si rifiutarono di concludere l’atto per la mancata consegna immediata dell’assegno.

3.2.Si deve osservare che, in tema di mediazione, per aversi diritto alla provvigione è necessario che l’affare sia stato concluso e che in forza dell’art. 1755 c.c., comma 2, la conclusione sia avvenuta per effetto dell’intervento del mediatore.

Nel caso di specie risulta che il mutuo fu concesso ai coniugi C. – S. per effetto dell’attività di mediazione del Ca.. E indubbio che il mutuo è un contratto di natura reale che si perfeziona con la consegna della cosa mutuata. Tuttavia è costante l’orientamento di questa Corte (per tutte, Cass. n. 2483 del 2001), nel senso che debba realizzarsi, al riguardo, la "disponibilità’ giuridica" della cosa. Sez. 1, Sentenza n. 14 del 03/01/2011.

Nel caso di specie risulta che la società di finanziamento emise un assegno in favore dei coniugi C. S., che ebbero quindi la disponibilità giuridica della somma con il perfezionamento del contratto di mutuo.

3.3 Come affermato dai giudici di appello, non vi è alcuna prova di un accordo fra le parti a che la somma fosse consegnata al momento della stipula dell’atto pubblico di acquisto dell’immobile da parte dei coniugi. Infatti, affinchè possa configurarsi un collegamento negoziale – in senso tecnico, non è sufficiente un nesso occasionale tra i negozi, ma è necessario che il collegamento dipenda dalla genesi stessa del rapporto e che l’intento specifico e particolare delle parti di coordinare i negozi sia reso chiaro nel contenuto dei negozi stessi.

Nel caso di specie i ricorrenti non hanno fornito alcuna prova del collegamento negoziale fra l’incarico di mediazione per ottenere il mutuo e l’acquisto dell’immobile ,non essendovi prova "che nel mandato di intermediazione finanziaria era espressamente previsto che il denaro serviva ai coniugi C. – S. per l’acquisto dell’immobile". 3.4. In ordine alla denunziata erronea interpretazione dell’art. 3 del contratto di intermediazione finanziaria si osserva che l’interpretazione del contratto e degli atti di autonomia privata costituisce un’attività riservata al giudice di merito, ed è censurabile in sede di legittimità soltanto per violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale ovvero per vizi di motivazione, qualora la stessa risulti contraria a logica o incongrua, cioè tale da non consentire il controllo del procedimento logico seguito per giungere alla decisione. Nel caso di specie i ricorrenti hanno lamentato genericamente una inesatta interpretazione della clausola contrattuale, senza indicare le lacune argomentative o le illogicità in cui sarebbero incorsi i giudici di merito, chiedendo a questa corte una interpretazione diversa da quella motivatamente fatta propria dai giudici di appello, con valutazioni di merito non consentite a questa Corte di legittimità.

Il ricorso principale deve essere rigettato.

Con il ricorso incidentale viene denunziato che le spese del doppio grado di giudizio erano state ingiustamente compensate, ricorrendo "giusti motivi" che non erano stati specificati.

Il ricorso incidentale è infondato.

Infatti in tema di regolamento delle spese processuali, nel regime anteriore alla novella dell’art. 92 cod. proc. civ. recata dalla L. 28 dicembre 2005, n. 263, art. 2, comma 1, lett. a), applicabile al procedimento di appello in quanto iniziato con citazione notificata il 13-2-2004, rientra tra i poteri discrezionali del giudice di merito disporne la compensazione, in tutto o in parte, anche nel caso di soccombenza di una parte. Tale statuizione, ove il giudicante abbia fatto esplicito riferimento all’esistenza di "giusti motivi", non necessita di alcuna esplicita motivazione/Sentenza n. 7523 del 27/03/2009.

Si compensano fra le parti le spese del giudizio di cassazione in considerazione del rigetto di entrambe le impugnazioni.
P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta entrambi. Compensa le spese del giudizio di cassazione.

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Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 15-03-2011) 11-04-2011, n. 14521

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e ha chiesto annullamento s.r. e trasmissione atti.
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Ricorre per cassazione L.C. nei riguardi del decreto in data 19 dicembre 2009 del Giudice delle Indagini preliminari del Tribunale di Potenza, che aveva disposto l’archiviazione parziale, limitatamene al delitto di lesioni volontarie a carico di M. C., in un procedimento nell’ambito del quale erano state formulate diverse imputazioni a carico di più persone.

Deduce la violazione del contraddittorio per non aver ricevuto alcun avviso della richiesta di archiviazione parziale presentata dal Pubblico Ministero, nonostante in querela avesse espressamente chiesto di essere avvertita in tal senso ex art. 408 c.p.p..

Ha depositato memoria il difensore della M. deducendo l’inammissibilità del ricorso.

Il ricorso è fondato come rileva il Procuratore generale in sede.

Secondo la giurisprudenza costante di questa Corte (da ultimo Rv.

248897, e precedenti citati) l’omesso avviso della richiesta d’archiviazione del Pubblico Ministero alla parte offesa che ne abbia fatto richiesta comporta la nullità del successivo decreto del giudice delle indagini preliminari emesso "de plano", e può essere fatta valere con ricorso per cassazione ex art. 127 c.p.p., comma 5, perchè l’omissione dell’avviso della richiesta di archiviazione alla persona offesa (che abbia manifestato, come nel caso, la volontà di essere informata) della richiesta di archiviazione avanzata dal Pubblico Ministero impedisce la potenziale instaurazione del contraddittorio.

Il ricorso basato su tali principi deve essere accolto, non risultando dagli atti l’avviso della richiesta di archiviazione parziale da parte del Pubblico Ministero, con la conseguenza che il decreto di archiviazione impugnato deve essere annullato senza rinvio, e gli atti vanno restituiti al Pubblico Ministero per l’ulteriore corso e gli adempimenti di legge in caso di reiterazione della richiesta di archiviazione.
P.Q.M.

La Corte annulla senza rinvio il provvedimento impugnato e dispone trasmettersi gli atti al Pubblico Ministero presso il Tribunale di Potenza per l’ulteriore corso.

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Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 13-04-2011) 27-04-2011, n. 16474

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so per l’inammissibilità del ricorso.
Svolgimento del processo

1. C.S., ritenuto responsabile di interruzione di pubblico servizio per aver chiuso con un lucchetto il cancello di ingresso di un edificio adibito ad istituto scolastico, ricorre contro la sentenza indicata in epigrafe.

2. Deduce vizio di motivazione in ordine all’accertamento della sua responsabilità e dell’effettiva interruzione del servizio derivante dalla chiusura dell’ingresso.

3. Nella memoria successivamente presentata rileva che il reato è estinto per sopravvenuta prescrizione.
Motivi della decisione

1. Tra i motivi esibiti nel ricorso, degno di trattazione in merito si presenta quello riguardante il mancato accertamento dell’effettiva interruzione del servizio a causa della condotta del ricorrente.

2. E’ infatti nella giurisprudenza di questa Corte l’insegnamento per cui ad integrare il reato di cui all’art. 340 c.p. non è sufficiente un qualsiasi disturbo al buon andamento dell’attività, ma si deve trattare di una interferenza tale da recare un effettivo danno all’amministrazione e all’utente.

Sotto questo profilo occorrerebbe allora interrogarsi se dal punto di vista dell’argomentazione sia sufficiente quanto assume la sentenza impugnata di ritenere il delitto integrato, nonostante il gesto del C. abbia avuto effetti "sia pure di sole poche ore". 3. Sennonchè a questo esame (che in tesi potrebbe condurre, a tutto concedere, a un annullamento con rinvio per una più approfondita valutazione) si frappone l’obbligo di immediata declaratoria dell’avvenuta prescrizione del reato, contestato come commesso il (OMISSIS).

4. E in questo senso è il dispositivo.
P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè il reato è estinto per prescrizione.

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