T.A.R. Lazio Roma Sez. II, Sent., 30-11-2011, n. 9408

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Espone l’odierno ricorrente di aver ricevuto la notifica dell’atto di appello promosso dal Ministero dell’economia e delle finanze avverso la sentenza n. 2003/2010 del 27 ottobre 2010 della Corte dei Conti, Sezione giurisdizionale del Lazio. Il detto ricorso in appello risulta sottoscritto dalla dott.ssa A.M.A. che nel detto atto si qualifica "funzionario delegato legalmente domiciliato presso i propri uffici in via Casilina n. 3 Roma". Il difensore dell’odierno ricorrente ha chiesto all’amministrazione di voler "fornire ogni informazione atta e necessaria all’individuazione delle deleghe o procure in questione autorizzando altresì il sottoscritto a prenderne visione ed estrarne copia ai sensi delle norme contenute nella legge 7.8.1990 n. 241".

Con provvedimento prot. n. 58006 del 29 aprile 2011 l’intimata Amministrazione, pur diffondendosi sui meccanismi che governano la rappresentanza e difesa in giudizio della medesima, non ha rilasciato copia delle richieste deleghe o procure in forze delle quali la citata dott.ssa Alimandi ha sottoscritto il ricordato ricorso in appello. Il richiamato provvedimento, sostanzialmente di diniego dell’accesso, è quindi impugnato innanzi a questo Tribunale all’uopo deducendosi violazione degli artt. 22 e 24 della legge n. 241 del 1990.

Si è costituita in giudizio con memoria di stile l’intimata Amministrazione.

Alla camera di consiglio del 26 ottobre 2011 il ricorso viene ritenuto per la decisione.

Rileva preliminarmente il Collegio che è stata depositata in atti del giudizio nota a firma del Dirigente di segreteria della seconda sezione giurisdizionale centrale d’appello della Corte dei Conti del 17 giugno 2011, cui era stata inoltrata analoga istanza di accesso, indirizzata al Ministero dell’economia e delle finanze, con cui si rappresenta che la medesima segreteria ha comunicato al difensore dell’odierno ricorrente di poter prendere visione e farsi rilasciare copia degli atti e documenti inseriti nel fascicolo processuale recandosi presso la citata segreteria.

L’esposta circostanza, pur relativa ad esito favorevole di analoga istanza di accesso rivolta ad altra amministrazione, importa comunque l’improcedibilità del presente ricorso – rivolto avverso il diniego espresso dal Ministero dell’economia e delle finanze – per sopravvenuto difetto di interesse.

Sussistono giusti motivi per compensare integralmente fra le parti le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

T.A.R. Lazio Roma Sez. I quater, Sent., 21-12-2011, n. 9978

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Svolgimento del processo

Con ricorso spedito per la notifica a mezzo posta il 01/12/06 e depositato l’11/12/06 R.B. ha impugnato la determinazione dirigenziale n. 236 del 25 settembre 2006 con cui il Comune di Fiumicino ha ordinato la demolizione d’ufficio dell’opera ivi indicata e consistente nella realizzazione di un box in lamiera di mq. 15,00 circa.

Il Comune di Fiumicino, costituitosi in giudizio con memoria depositata in data 04/01/07, ha chiesto il rigetto del ricorso.

Con ordinanza n. 135 del 9 gennaio 2007 il Tribunale ha accolto l’istanza cautelare proposta dal ricorrente.

All’udienza pubblica del 17 novembre 2011 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Motivi della decisione

Deve essere dichiarata l’improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza d’interesse.

R.B. impugna la determinazione dirigenziale n. 236 del 25 settembre 2006 con cui il Comune di Fiumicino ha ordinato la demolizione d’ufficio dell’opera ivi indicata e consistente nella realizzazione di un box in lamiera di mq. 15,00 circa.

Con atto depositato il 28/11/11 il ricorrente ha dichiarato di avere conseguito la concessione in sanatoria n. 234/S/2009 del 30/06/09 avente ad oggetto anche l’opera contestata con il provvedimento impugnato come si evince dall’atto in esame (che fa esplicito riferimento ad un "locale accessorio adibito a garage") e dalla mancata contestazione della parte resistente.

Il rilascio della concessione in sanatoria per l’opera oggetto dell’ordinanza di demolizione precedentemente adottata comporta la perdita di efficacia di tale ultimo atto dovendosi ritenere, sulla base dei generali principi di logicità, economicità, coerenza ed imparzialità dell’azione amministrativa che il Comune intimato, sanando l’opera abusiva, abbia inequivocamente manifestato l’intento di non portare più ad esecuzione il provvedimento repressivo.

La sopravvenuta perdita di efficacia del provvedimento impugnato determina il venir meno dell’interesse posto dal ricorrente a fondamento della domanda caducatoria.

Ne consegue che deve essere dichiarata l’improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza d’interesse.

La peculiarità della vicenda oggetto di causa giustifica, ai sensi degli artt. 26 d. lgs. n. 104/10 e 92 c.p.c., la compensazione delle spese processuali sostenute dalle parti;

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

1) dichiara l’improcedibilità del ricorso;

2) dispone la compensazione delle spese processuali sostenute dalle parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Cass. civ. Sez. VI – 3, Sent., 27-06-2012, n. 10721 Provvedimenti impugnabili per Cassazione

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con ordinanza in data 02.12.2010 la Corte di appello de l’Aquila ha rigettato l’istanza di ricusazione proposta dalla s.r.l. Babagula nel giudizio di opposizione all’ingiunzione, pendente innanzi alla stessa Corte tra la suddetta società e la SAIES di Camillo Salvatore & C. s.n.c. (oggi Le Ninfee di Benedetta Salvatore & C. s.a.s.); con la stessa ordinanza ha condannato la s.r.l. Babagula al rimborso delle spese in favore della controparte in ragione di Euro 1.000,00 di cui Euro 750,00 per onorario.

2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso ex art. 111 Cost. la s.r.l. Babagula deducendo violazione e falsa applicazione dell’art. 54 cod. proc. civ. e illogicità manifesta relativamente alla statuizione di condanna al rimborso delle spese in favore della controparte: ciò in quanto – a suo dire – il procedimento di ricusazione non riguarda le parti del processo, ma l’istante per la ricusazione e l’amministrazione della Giustizia.

Nessuna attività difensiva è stata svolta da parte intimata.

3. Il ricorso è inammissibile perchè proposto contro un provvedimento che in alcun modo può essere qualificato sentenza agli effetti dell’art. 111 Cost., comma 7.

3.1. Secondo il costante orientamento di questa Corte, nel termine "sentenza" usato dall’art. 111 Cost., inteso in senso sostanzialista, rientrano anche i provvedimenti giurisdizionali che hanno forma diversa dalla sentenza, purchè presentino ambedue i seguenti requisiti: la decisorietà, nel senso che essi risolvono una controversia su un diritto soggettivo o su uno "status", e la definitività, nel senso che l’ordinamento non prevede rimedi diversi contro il provvedimento decisorio, che così è idoneo a pregiudicare irrimediabilmente quel diritto o quello "status" (cfr. Sez. Un. 15 luglio 2003 n. 11026).

Orbene – con specifico riguardo all’ordinanza "non impugnabili" che decide sulla ricusazione ai sensi dell’art. 53 cod. proc. civ. – questa Corte è costante nel ritenere inammissibile il ricorso straordinario per cassazione, per la considerazione che detta ordinanza, sebbene a seguito delle modifiche all’art. 111 Cost.

apportate dalla L. Cost. 23 novembre 1999, n. 2, abbia assunto natura decisoria in quanto decide sul diritto soggettivo, pieno ed assoluto, di far decidere la controversia da un giudice imparziale, non ha tuttavia carattere di definitività, in quanto non è idonea a passare autonomamente in giudicato, ma confluisce nell’atto finale che definisce il procedimento in cui la ricusazione è stata proposta (ex multis, Cass. civ., Sez. 3, 27/07/2002, n. 11131). Invero la non impugnabilità in via autonoma dell’ordinanza non esclude che il contenuto di essa possa essere riesaminato nel corso del processo, attraverso il controllo sulla pronuncia resa dal (o con il concorso del) "index suspectus", l’eventuale vizio causato dalla incompatibilità del giudice ricusato risolvendosi in motivo di nullità dell’attività svolta dal giudice stesso e, quindi, di gravame della sentenza da lui emessa (Cass. civ., Sez. 3, 12/07/2006, n. 15780).

3.2. Parte ricorrente sostiene che l’ordinanza di rigetto dell’istanza di ricusazione sarebbe impugnabile (almeno) per la parte relativa alla condanna alle spese; deduce, a tal riguardo, che l’ammissibilità del ricorso straordinario consegue al contenuto decisorio della statuizione e all’assenza di altri mezzi di impugnazione; richiama a sostegno di tale assunto un lontano precedente di questa Corte (sent. 15 ottobre 1984 n. 5162).

Si tratta, peraltro, di un precedente attinente ad un fattispecie del tutto peculiare, che risulta isolato nella giurisprudenza di questa Corte, altrimenti costante nell’affermare il principio dell’inammissibilità del ricorso straordinario avverso l’ordinanza che decide sulla ricusazione sia in foto, sia per la sola parte relativa alla condanna al pagamento delle spese o di una pena pecuniaria (sent. 18 febbraio 1982 n. 1017; sent 3 marzo 1998 n. 2330; sent. 10 gennaio 2000 n. 155; sent. 1 febbraio 2002 n. 1285).

Invero l’inammissibilità del ricorso straordinario avverso il provvedimento sulle spese o all’eventuale condanna ad una pena pecuniaria discende dal carattere accessorio e dipendente delle statuizioni di cui all’art. 54 c.p.c., comma 3, che, in base al principio dell’inscindibilità della pronuncia ai fini dell’impugnazione, segue la sorte del provvedimento principale, ivi inclusa quella della scrutinabilità di eventuali censure nel corso del giudizio di merito.

3.3. Siffatto principio ha, del resto, avuto l’avallo delle SS.UU., che – seppur chiamate nello specifico a risolvere la questione dell’impugnabilità della condanna alla pena pecuniaria che, ai sensi dell’art. 54, comma 3 cit. (per effetto della sentenza Corte Cost. n. 78/2002, recepita dalla L. n. 69 del 2009, art. 45), il giudice della ricusazione "può" emettere – nel rimarcare la peculiarità del provvedimento esaminato dalla sentenza n. 5162/1094 richiamata dall’odierno ricorrente (ascrivibile alla categoria dei provvedimenti "anomali" in quanto vi era stata condanna alle spese nei confronta di un soggetto estraneo al giudizio di merito, che era intervenuto nel solo procedimento incidentale di ricusazione) hanno riaffermato l’orientamento tradizionale che considera la condanna alle spese (non diversamente da quella alla pena pecuniaria) un provvedimento accessorio al rigetto della ricusazione e quindi inscindibile da esso ai fini dell’impugnazione, concludendo per l’inammissibilità del ricorso straordinario "in quanto proposto contro un’ordinanza che, nell’intero suo contenuto, pure avendo natura decisoria, non ha carattere definitivo" (sent. 20/11/2003, n. 17636 in motivazione).

In conclusione il ricorso va dichiarato inammissibile.

Nulla deve disporsi in ordine alle spese del giudizio di legittimità non avendo parte intimata svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, il 11 giugno 2012.

Depositato in Cancelleria il 27 giugno 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 23-01-2013) 06-06-2013, n. 24828

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Svolgimento del processo

1.1 Con ordinanza del 18 maggio 2012 il Tribunale di Roma – Sezione Riesame – confermava l’ordinanza applicativa della custodia cautelare in regime di arresti domiciliari emessa dal GIP del Tribunale di latina nei riguardi di C.C., indagato per il reato di illecita detenzione ed acquisto di sostanza stupefacente per finalità di spaccio.

1.2 Osservava il Tribunale, quanto alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, che essi derivavano con certezza dagli esiti degli ascolti delle conversazioni intercettate denotanti l’attività, in via continuativa, di spacciatore svolta dal C. ed i contatti intercorsi con numerosi tossicodipendenti che a lui si rivolgevano per gli eventuali acquisti: tanto rilevava il Tribunale con riferimento ai reati di cui ai capi "Q" ed "R" della imputazione provvisoria, aggiungendo che anche il tipo di linguaggio adoperato nelle conversazioni di cui sopra costituiva una ulteriore conferma dell’illecita attività di spaccio svolta dall’indagato. Quanto alla adeguatezza della misura ed alle esigenze cautelari il Tribunale, riprendendo quanto affermato dal GIP in sede di emissione della misura custodiale, oltre a ribadire la proporzionalità della misura desunta dalla pluralità dei reati e dalla personalità dell’indagato, confermava la sussistenza delle esigenze in relazione al ritenuto inserimento del C. in un più ampio circuito criminale dedito allo smercio di stupefacenti, escludendo che una diversa misura potesse garantire la tutela della collettività.

1.3 Per la cassazione della suddetta sentenza ricorre C. C. a mezzo del proprio difensore sulla base dei seguenti motivi. A) violazione di legge sotto il profilo della omessa motivazione, sulla contraddittorietà e/o illogicità manifesta in punto di valutazione dei gravi indizi di colpevolezza sia con riguardo al reato sub "Q" che al reato sub "R"; B) violazione di legge per analogo vizio motivazionale in punto di valutazione della adeguatezza della misura e delle esigenze cautelari.

1.4 Per quanto attiene al primo motivo la difesa – con riferimento al reato sub "Q" – rileva che la decisione impugnata si basa esclusivamente sui contenuti di alcune intercettazioni (delle quali riassume i passi principali rilevanti), senza che dalle dette conversazioni emergano elementi tali da giustificare la ritenuta gravità indiziaria, anche perchè non dato comprendere quale fosse il genere di sostanza stupefacente oggetto di possibile smercio e soprattutto la attribuibilità di tale attività al C., non mancando poi di evidenziare come l’assenza di riscontri i in ordine al luogo in cui la droga veniva occultata contribuiva a rendere ancor più evanescente il già debole quadro indiziario. Con riferimento alla ipotesi delittuosa contestata nel capo "R", la difesa lamenta che nessuna idonea motivazione avrebbe fornito il Tribunale nè in ordine alla attribuibilità dell’uso delle utenze intercettate al C., nè sulla identità dell’interlocutore. Rileva che il Tribunale nulla ha motivato con riguardo all’ipotizzato reato di acquisto di sostanze stupefacenti, sicchè il compendio indiziario non è caratterizzato da quella gravità necessaria a giustificare la misura cautelare tanto più che lo stesso GIP aveva escluso i gravi indizi di colpevolezza con riguardo ad altra condotta contestata al C. al capo "S". Rileva, ancora la difesa la inutilizzabilità delle intercettazioni in quanto effettuate su utenze appartenenti a soggetti diversi dal C. i quali, colloquiando con quest’ultimo, gli si rivolgevano con argomenti de relato; da qui la denunciata violazione dell’art. 192 cod. proc. pen., ancora una volta sottolineando l’assenza di riscontri atti a confermare la tesi accusatoria.

1.5 Per quanto attiene alle esigenze cautelari, oggetto del secondo motivo di ricorso, la difesa lamenta che la motivazione data dal Tribunale è sicuramente inadeguata anche in relazione al tempo intercorso tra l’epoca di commissione dei fatti e la data di esecuzione della misura cautelare, avendo quindi il Tribunale omesso di motivare sulle specifiche esigenze in termini di attualità e concretezza, ivi comprese quelle legate al pericolo di inquinamento delle fonti di prova. E analoga inadeguatezza il ricorrente rileva con riferimento alla motivazione resa circa i criteri di scelta della misura, trattandosi di motivazione sostanzialmente apparente e basata su clausole di stile.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è fondato nei termini e limiti che seguono.

2. Va anzitutto rilevato – con riferimento al tema della gravità indiziaria in materia di misure cautelari personali ed al relativo sindacato di legittimità – che spetta alla Corte Suprema il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie (Cass. Sez. 4 3.5.2007 n. 22500, Terranova, Rv. 237012). Ciò premesso, deve darsi conto di due diversi orientamenti in materia di metodo di valutazione del compendio indiziario: secondo un primo indirizzo, è sufficiente il solo requisito della gravità indiziaria, in quanto l’art. 273 c.p.p., comma 1 bis richiama espressamente l’art. 192, commi 3 e 4 ma non il comma 2 che prescrive la valutazione della precisione della concordanza accanto al requisito della gravità (in termini Cass. Sez. 4 6.7.2007 n. 37878, Cuccaro e altri, Rv. 237475; Cass. Sez. 5 5.6.2012 n. 36079, Fracassi e altri, Rv. 253511).

3. Secondo un secondo, e più rigoroso, orientamento (che questo Collegio condivide), nella ipotesi di ricorrenza di prove indirette, è necessario utilizzare anche il criterio della pluralità, precisione e concordanza degli indizi enunciato dall’art. 192 c.p.p., comma 2, ancorchè non espressamente richiamato dall’art. 273 c.p.p., con la conseguenza che la discrezionalità valutativa del giudice non può esercitarsi in quanto difetta della certezza del fatto da cui trarre il convincimento. In realtà la valutazione della probabilità di colpevolezza necessaria per esercitare il potere cautelare deve essere ispirata a canoni di prudenza (Cass. Sez. 4 21.6.2012 n. 40061. P.M. in proc. Trltella, Rv. 253723).

3.1 Tanto precisato, nel caso in esame il Tribunale ha valutato in modo esauriente tutti gli indizi a carico costituiti, in prevalenza, da intercettazioni che il Tribunale ha indicato come direttamente, o indirettamente, riconducibili a C.C. individuato ed indicato come punto di riferimento per i tanti acquirenti che lo contattavano periodicamente alla ricerca della droga. Inoltre il Tribunale ha analizzato i contenuti delle telefonate ed il linguaggio adoperato, giudicandoli pienamente compatibili con la commercializzazione, da parte del C., dello stupefacente, riportando passi significativi delle varie conversazioni che vedevano il C. direttamente impegnato sul fronte delle forniture di stupefacente e delle ordinazioni. Non si tratta, quindi, di interpretazioni superficiali o approssimative da parte del Tribunale, come sostenuto dalla difesa del ricorrente, ma di analisi, accurata e rigorosa, di indizi di natura eterogenea che ha correttamente indotto la Corte ad affermare come il ruolo del C. si inserisse nell’ambito di un attrezzato ed organizzato ambiente di spacciatori ed acquirenti di droga. Conseguentemente il motivo di ricorso afferente alla ritenuta gravità indiziaria va rigettato, perchè non fondato.

4. Di contro appare insufficiente, anche in relazione all’epoca risalente dei fatti contestati ed alla situazione di incensuratezza dell’imputato oltre che della sua giovanissima età (poco più che diciannovenne al momento dei fatti) segnalate dal Tribunale, la motivazione offerta in punto di valutazione delle esigenze cautelari le quali, oltre che riferibili alle modalità del fatto, debbono tenere conto del criterio della attualità e della adeguatezza della misura in relazione alle esigenze di cui all’art. 274 cod. proc. pen. da salvaguardare. L’affermazione contenuta nell’ordinanza impugnata in ordine all’inserimento del C. in ambienti dediti all’attività di spaccio in forma diffusa e ai contatti con altri soggetti il cui ruolo non risulta compiutamente indicato, contrapposta alla giovane età ed allo stato di incensuratezza dell’indagato, abbisognava (ed abbisogna) di una più puntuale motivazione che valuti comparativamente – tenuto conto della personalità dell’indagato, dell’epoca dei fatti e del lasso di tempo intercorso rispetto alla adozione della misura cautelare restrittiva – le esigenze cautelari da salvaguardare con la effettiva idoneità di tale misura come unica idonea alla tutela della collettività.

5. In questi termini si impone l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale il quale dovrà operare un nuovo giudizio limitatamente alle esigenze cautelari ed alla correlata idoneità ed adeguatezza della misura alla luce dei criteri enunciati da questa Corte.
P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente alle esigenze cautelari e rinvia al Tribunale di Latina. Rigetta nel resto il ricorso.

Così deciso in Roma, il 23 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 6 giugno 2013

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.