Cass. civ. Sez. V, Sent., 25-05-2012, n. 8331 Agevolazioni tributarie

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Svolgimento del processo

La società in epigrafe indicata ed i sigg.ri T.A., quale consigliere delegato, e M.G., quale legale rappresentante, impugnavano in sede giurisdizionale, con distinti ricorsi, gli avvisi di accertamento, relativi ad IVA, IRPEG ed IRAP degli anni 2004 e 2005, con i quali l’Agenzia Entrate di Viareggio recuperava a tassazione poste per le quali la società aveva indebitamente usufruito di speciali regimi agevolativi, ponendo in essere anche comportamenti fraudolenti.

L’adita CTP di Lucca, previa riunione dei ricorsi, li accoglieva, giusta decisione che, sull’appello dell’Agenzia Entrate, veniva confermata dalla CTR di Firenze.

I Giudici di appello, in particolare, ritenevano e dichiaravano che non sussistevano elementi certi e diretti idonei a provare che la società, nelle more del giudizio fallita, – avesse posto in essere operazioni inesistenti.

Con ricorso notificato il 17-22 marzo 2010, l’Agenzia Entrate ha chiesto la cassazione della decisione di appello, sulla base di tre mezzi.

Gli intimati, resistono, con distinti controricorsi, chiedendo che l’impugnazione venga dichiarata inammissibile e, comunque, rigettata.

Motivi della decisione

Come rilevato nella narrativa in fatto, i Giudici di appello hanno respinto il gravame dell’Agenzia Entrate, "principalmente per il fatto che l’Ufficio ha sostenuto la non spettanza del credito IVA vantato dalla CNT SPA e l’effettuazione da parte di essa di operazioni inesistenti, basandosi essenzialmente su elementi presuntivi, non risultando nel caso in specie accertamenti che provino elementi in modo certo e diretto".

In buona sostanza, gli elementi presuntivi offerti, non sono stati considerati idonei a dare la prova dell’esistenza di un accordo fraudolento.

L’Agenzia Entrate, con il primo motivo, censura l’impugnata sentenza per violazione degli artt. 2697, 2727 e 2729 cod. civ., del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, comma 2, del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 11 bis, rilevando l’erroneità della decisione e delle argomentazioni utilizzate per giustificarla.

Con il secondo e con il terzo mezzo, denuncia, sia la contraddittorietà della motivazione, sia pure l’insufficiente motivazione su fatti controversi e decisivi, per non essere stati indicati gli elementi e le ragioni in base ai quali le contestate operazioni erano a ritenersi reali, nonchè per non averne esaminato e valorizzato altri, in atti, evidenziati in corso di causa e riproposti in questa sede, idonei, in ipotesi, a giustificare una diversa decisione.

I mezzi, che avuto riguardo all’intima connessione vanno esaminati congiuntamente, sono fondati.

Costituisce, in vero, principio consolidato e condiviso, quello secondo cui "In tema di IVA, qualora l’Amministrazione contesti al contribuente l’indebita detrazione di fatture, in quanto relative ad operazioni inesistenti, e fornisca attendibili riscontri indiziari sulla inesistenza delle operazioni fatturate, e1 onere del contribuente dimostrare la fonte legittima della detrazione o del costo, altrimenti indeducibili, non essendo sufficiente, a tal fine, la dimostrazione della regolarità formale delle scritture o le evidenze contabili dei pagamenti, in quanto si tratta di dati e circostanze facilmente falsificabili" (Cass. n. 12802/2011, n. 3419/2010, n. 19823/2009, n. 2847/2008, n. 1950/2007).

Nel caso, è pacifico che l’Amministrazione avesse fornito elementi per sostenere la fittizietà delle operazioni, quali: il livello minimo di capitalizzazione propria e di terzi; l’assenza di organizzazione, di mezzi e di personale; l’ottenimento ciononostante, di commesse di rilievo; la stipula di contratti di subappalto irregolari ed antieconomici; le strettissime interrelazioni societarie con i propri fornitori principali; elementi tutti che, valutati nel loro insieme, offrivano validi riscontri indiziari dell’inesistenza delle operazioni contabilizzate dalla società contribuente e che avrebbero dovuto indurre i Giudici di secondo grado, non già a ritenere raggiunta o meno la prova dei fatti allegati, bensì ad affermare, alla stregua del pacifico orientamento giurisprudenziale desumibile dalle richiamate pronunce, che, per l’effetto, l’onere di provare la realtà delle operazioni, incombeva sulla contribuente.

Ne conseguiva che la CTR, in presenza di attendibili riscontri indiziari sulla inesistenza delle operazioni, avrebbe dovuto verificare, alla stregua delle emergenze processuali, se la contribuente aveva fornito elementi probatori idonei a dimostrare l’effettiva esistenza delle operazioni contestate.

Anche sotto il profilo motivazionale, la decisione non risulta in linea con principi desumibili da consolidato orientamento giurisprudenziale, non avendo esplicitato le ragioni ed indicato i concreti elementi, alla cui stregua dovevano essere ritenute reali le contestate operazioni ed inidonei a giustificare una diversa decisione gli elementi offerti dall’Agenzia.

Deve, dunque, ritenersi che i Giudici di appello siano incorsi in errore, posto che "ricorre il vizio di omessa motivazione della sentenza, denunziabile in sede di legittimità, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella duplice manifestazione di difetto assoluto o di motivazione apparente, quando il Giudice di merito ometta di indicare, nella sentenza, gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero indichi tali elementi senza una approfondita disamina logico e giuridica, rendendo in tal modo impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento" (Cass. n. 1756/2006, n. 890/2006).

Il ricorso, a diverse valutazioni non inducendo le argomentazioni svolte dai controricorrenti, va, quindi, accolto e, per l’effetto, va cassata l’impugnata decisione.

La causa va, quindi, rinviata ad altra sezione della CTR della Toscana, la quale procederà al riesame e quindi, adeguandosi ai richiamati principi, deciderà nel merito e sulle spese offrendo congrua motivazione.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa l’impugnata decisione e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della CTR della Toscana.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 11-10-2011) 05-12-2011, n. 45308

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1 .-. Il difensore di S.E. ha proposto ricorso per cassazione avverso l’ordinanza indicata in epigrafe, con la quale il Tribunale di Milano ha annullato la misura cautelare della custodia in carcere disposta nei confronti del predetto dal GIP di Milano limitatamente ai fatti di cui ai capi 1), 2) (concussione) e 3) (corruzione), confermando il provvedimento restrittivo per i fatti di cui al capo 5) (corruzione, per avere ricevuto, nella sua qualità di sindaco del Comune di (OMISSIS) e per il tramite dell’arch.

U., la somma di Euro 186.000, versata da C.B., amministratore della EL.PA s.a.s., e da Cr.Ge., amministratore della Treviglio Auto, in cambio della attivazione della procedura dello Sportello Unico, volta a modificare la destinazione urbanistica da agricola in edificabile del terreno denominato "La Taranta", in origine di proprietà del S. e da lui poi venduto alla EL.PA, che a sua volta lo aveva indi ceduto alla Treviglio Auto).

Il ricorrente deduce:

1. Inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità e decadenza.

1.1. Nullità degli atti posti a fondamento della misura cautelare, richiesti in originale dalla Difesa e non messi a disposizione dal P.M., con conseguente insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in riferimento al reato contestato.

1.2. Perdita di efficacia della misura cautelare per omesso deposito, entro il termine di giorni cinque dalla richiesta del Tribunale del Riesame, degli elementi sopravvenuti a favore della persona sottoposta alle indagini.

2. Vizio di motivazione per omessa valutazione di prove decisive, nonchè per travisamento del fatto. Dalla dettagliata ricostruzione dei fatti sarebbe emerso che le due richieste di modifica della destinazione urbanistica del terreno in questione erano state rigettate. Inoltre dalle dichiarazioni del C. sarebbe risultato che non vi era stato alcun intervento dell’ex sindaco S. volto ad assicurare il buon esito della pratica edilizia. A parte il fatto che l’arch. B. avrebbe escluso che era stato il Sindaco a presentare, protocollare e inoltrare le istanze della Treviglio Auto, affermando che tali richieste erano state proposte dai professionisti di detta società e da loro depositate presso l’Ufficio Protocollo del Comune. Tutte le predette risultanze non sarebbero state prese in alcun modo in considerazione dal Tribunale, cha anzi le avrebbe travisate, affermando che la B. aveva riferito che era stato l’ex sindaco a ricevere, protocollare ed inoltrare le pratiche.

3. Vizio di motivazione in ordine alla esistenza delle esigenze cautelari. In particolare il Tribunale non avrebbe tenuto conto del fatto che il sindaco si era dimesso nel 2001 ed era stato sostituito da un esponente dell’opposizione, suo acerrimo antagonista, sicchè sembrava impossibile la reiterazione da parte dell’indagato dei reati contestati. Anche il pericolo di inquinamento probatorio sarebbe stato motivato con frasi apodittiche e con formule di stile. Inoltre non sarebbe stata fornita spiegazione alcuna in ordine alla inidoneità di misure meno afflittive.

2 .-. Alla odierna udienza camerale il difensore del S. ha espressamente rinunciato al primo motivo di ricorso e, in particolare, a entrambi i sottomotivi in cui tale censura si articola. Preso atto di quanto sopra, il Collegio rileva che il ricorso è fondato.

Il Tribunale di Milano si è limitato a riportare (pagg. 5 e 6) la ricostruzione della vicenda operata dal GIP in sede di misura cautelare, osservando che l’attività contestata al Sindaco non concludeva la procedura, ma costituiva la fase di avvio, comunque funzionale alla modifica dello strumento urbanistico, e che l’interesse diretto del S. nella procedura di variazione era emerso anche dalle dichiarazioni dell’arch. B., che aveva riferito in ordine al percorso inconsueto seguito dalla pratica in questione, precisando che era stato il sindaco stesso a ricevere, protocollare ed inoltrare personalmente le richieste e che lo stesso S. la aveva esortata a celermente incontrare i responsabili delle società.

Si tratta con tutta evidenza di una motivazione del tutto carente, in quanto non risponde in alcun modo ai fondamentali e specifici quesiti posti dalla Difesa del S. (il rigetto per ben due volte delle richieste di modificazione urbanistica del terreno; le dichiarazioni del C.) e incorre chiaramente in un travisamento delle dichiarazioni della B., che, contrariamente a quanto affermato nella ordinanza impugnata, non sembra avere mai dichiarato che era stato il S. ad occuparsi personalmente di ricevere, protocollare ed inoltrare le pratiche, e, anzi, ha esplicitamente escluso che il S. o altri avessero mai cercato di condizionare le sue decisioni.

3 .-. Per le considerazioni sopra svolte si impone l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Milano.

La Cancelleria provvedere agli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Milano. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 23-01-2013) 06-06-2013, n. 24790

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Svolgimento del processo

1.1 Con sentenza del 27 marzo 2012, la Corte di Appello di Palermo riformava parzialmente la sentenza del Tribunale di Palermo emessa in data 24 maggio 2010 nei confronti di S.G., imputato del reato di illecita detenzione per finalità di spaccio di sostanze stupefacenti del tipo hashish per complessivi gr, 78,52 dai quali erano ricavabili 87 dosi (del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 1 bis), riducendo la pena originariamente inflitta ad anno uno e mesi due di reclusione ed Euro 4.500,00, di multa e confermando nel resto.

1.2 La Corte di Appello confermava il giudizio di colpevolezza sul conto del S. (che era stato notato dai carabinieri che ne osservavano i movimenti, nell’atto di disfarsi di un involucro – poi recuperato – contenente l’hashish, prima di entrare in una sala giochi sita nella città di Palermo) ritenendo certa l’attribuibilità del fatto all’imputato ed escludendo – per il modo in cui la droga era confezionata e detenuta – che fosse destinata al consumo personale del S. medesimo, professatosi assuntore di droghe leggere.

1.3 Ricorre avverso la detta sentenza l’imputato a mezzo del proprio difensore di fiducia deducendo, con un primo motivo, violazione di legge per omessa motivazione e/o sua manifesta illogicità in punto di conferma del giudizio di colpevolezza, senza che la Corte di Appello avesse svolto alcuna argomentazione in ordine alla destinazione della droga detenuta all’uso personale. Con il secondo motivo il difensore lamenta analogo vizio motivazionale con riferimento alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche invocate nell’atto di appello.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è manifestamente infondato e va dichiarato, pertanto, inammissibile. Va anzitutto specificato, con riferimento ad entrambi i motivi, che si tratta di censure esattamente sovrapponibili a quelle già congruamente esaminate dalla Corte territoriale, avendo la stessa precisato, quanto alla destinazione ad uso non esclusivamente personale che il dato quantitativo, le modalità della detenzione e la frequentazione da parte di tossicodipendenti conosciuti dalla Polizia nel locale ove il S. si apprestava ad entrare erano elementi sintomatici di una condotta illecita, (vds.

pag. 6 della sentenza impugnata). E considerazioni identiche, con riguardo alla concedibilità delle circostanze attenuanti generiche, la Corte aveva espresso, sottolineando gli elementi ostativi (vds.

pag. 6 citata). Con il ricorso la difesa, dimentica della motivazione offerta dalla Corte territoriale, ha reiterato censure che si appalesano del tutto inconsistenti.

2. Vi è di più: nessuna delle due censure offre elementi di valutazione tali da incrinare il giudizio espresso dalla Corte territoriale, basato su argomentazioni diffuse e soprattutto logiche:

tanto vale sia per quanto riguarda la destinazione della droga all’uso di terzi, non mancando di evidenziare come il giudice distrettuale abbia anche evidenziato due ulteriori dati negativi quali la mancata prova, solo labialmente indicata dalla difesa, che il S. fosse un assuntore di hashish e precedenti condanne riportate proprio per tale reato. Altrettanto puntuale ed analitica la motivazione resa dalla Corte con riguardo al diniego delle circostanze attenuanti generiche, motivato non solo dai plurimi – oltre che specifici – precedenti penali del S., ma anche dalla mancanza di dati favorevoli la cui prova gravava sull’imputato.

2. In aggiunta a tali considerazioni, rileva il Collegio che il giudice distrettuale si è uniformato al pacifico orientamento di questa Suprema Corte, secondo il quale, in tema di illecita detenzione della sostanza stupefacente per finalità di spaccio, è vero che il mero dato quantitativo del superamento dei limiti tabellari di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 1 bis, lett. A), nella sua attuale formulazione non introduce una sorta di presunzione – ancorchè relativa – in ordine alla destinazione della sostanza ad un uso esclusivamente non personale, nè comporta una inversione dell’onere della prova a carico dell’imputato, perchè, è onere della pubblica accusa provare che la droga rinvenuta fosse destinata al consumo (anche in parte) di terzi. Ma al giudice è rimesso il compito di valutare, oltre che il dato quantitativo, tutti gli altri elementi di fatto (modalità e circostanze dell’azione;

modalità di presentazione della droga) tali da escludere una finalità esclusivamente personale della detenzione. D’altro canto nemmeno il dato quantitativo, nella misura in cui si versi in una ipotesi di mancato superamento della c.d. "soglia" per come indicata dal D.M. richiamato dell’art. 73 cit., comma 1, costituisce elemento di certezza per l’esclusione del reato di illecita detenzione, proprio perchè il giudice può trarre il convincimento della colpevolezza da altri elementi indicativi della destinazione della droga al consumo di terzi (in termini, Cass. Sez. 6^ 25.1.2011, Talamo, Rv. 249346; Cass. Sez. 6^, 12.2.2009 n. 12146, P.M. in proc. Delugan, Rv. 242923). Ne consegue che laddove il giudice si trovi in presenza di una condotta di detenzione integrata da altri indici quali, in via esemplificativa, la suddivisione in dosi; la presenza di strumentazione atta alla preparazione delle dosi; il dato quantitativo modesto; la presenza di denaro in tagli variabili, i contatti con tossicodipendenti – acquirenti, egli è tenuto ad una motivazione approfondita che dia conto di tutti questi elementi onde affermare la destinazione della droga allo spaccio. (Cass. Sez. 6^ 18.9.2008 n. 309017, P.G. in proc. Casadei Rv. 241405).

3. Nel caso in esame la Corte, ha fornito – come precedentemente cennato – una motivazione assolutamente precisa ed articolata con l’enumerazione di plurime circostanze ritenute, a ragione, altamente sintomatiche della destinazione della droga alla commercializzazione.

Dunque è da escludere che il giudice si sia affidato al solo elemento quantitativo, scendendo invece ad una valutazione delle altre circostanze dell’azione così come richiesto dal pacifico orientamento di questa Corte.

5. Alla inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in assenza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma – ritenuta congrua ex art. 616 c.p.p., – di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00, in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 23 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 6 giugno 2013

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T.A.R. Sardegna Cagliari Sez. II, Sent., 27-01-2011, n. 81

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Svolgimento del processo
Il 30 e 31 maggio 2010 e, secondo turno, ed il 13 e 14 giugno si sono svolte le consultazioni per l’elezione diretta del Sindaco e del Consiglio comunale di xxx.
Alla competizione elettorale hanno partecipato, quali candidati alla di Consigliere nella lista "xxx", il controinteressato C.P., che ha ottenuto n. 195 voti di preferenza ed il ricorrente C.S., che ha ottenuto n. 190 voti.
Sostiene il ricorrente che durante le operazioni elettorali sono stati commessi degli errori che hanno determinato la mancata attribuzione di voti in suo favore.
1) Con il primo motivo sostiene che non gli sarebbero state attribuite le preferenze con la scritta S.C. in luogo di S.C.. La mancata attribuzione delle preferenze sarebbe illegittima essendo notorio che fosse conosciuto con il prenome Sebastian.
Inoltre non gli sarebbero state riconosciute le preferenze con la scritta C., nonostante l’assenza di omonimi.
In particolare le irregolarità sarebbero avvenute nelle seguenti sezioni, nelle quali il numero dei voti riconosciuti non corrisponde al numero degli elettori che hanno dichiarato, con dichiarazione sostitutiva di atto notorio redatte ai sensi dell’art. 47 del DPR n. 447/2000, di aver espresso voto di preferenza in suo favore:
– Sezione 19 voti riconosciuti n. 5, voti di preferenza pretesi n. 7;
– Sezione 25 voti riconosciuti n. 0, voti di preferenza pretesi n. 2;
– Sezione 34 voti riconosciuti n. 9, voti di preferenza pretesi n. 11;
– Sezione 36 voti riconosciuti n. 2, voti di preferenza pretesi n. 3.
2) Con questo motivo deduce che "elettori hanno scritto il nome del ricorrente accanto al simbolo del xxx, anziché dei xxx".
Sostiene che illegittimamente non gli sono stati riconosciuti i voti nonostante non ci fossero omonimi nel xxx e nonostante fosse noto che la lista "xxx" è sorta per effetto di una scissione all’interno del "xxx".
3) E’ stata illegittimamente annullata una scheda recante crocesegno per due candidati sindaci, con l’indicazione nominativa del ricorrente accanto al simbolo "xxx".
Il controinteressato ha eccepito l’inammissibilità del ricorso, proponendo, con ricorso incidentale, la seguente censura per l’ipotesi in cui il ricorso principale fosse ritenuto ammissibile.
Nella sezione n. 25 è stata illegittimamente dichiarato nullo n. 1 voto espresso in favore del controinteressato P.C., perché l’elettore aveva espresso la preferenza nel riquadro della lista "xxx".
All’udienza del 20 ottobre 2010 il ricorrente aveva chiesto al Collegio, conformemente alle conclusioni rassegnate nel ricorso, di disporre la verificazione delle schede relative alle sezioni ed ai vizi segnalati.
La sezione con l’ordinanza n. 80 del 29.10.2010 ha accolto la richiesta disponendo l’acquisizione delle schede nulle e la verificazione delle stesse.
Le operazioni di verificazione sono state eseguite in data 20.12.2010.
All’odierna udienza di discussione la difesa del ricorrente ha chiesto la verificazione sulle schede assegnate al xxx, rilevando che vi erano schede contenenti espressioni di voto in favore del ricorrente che non gli sono state riconosciute.
Il controinteressato si è opposto alla richiesta.
La causa è stata, quindi, trattenuta in decisione dal Collegio.
Motivi della decisione
Va precisato che in sede di verificazione delle schede nulle, non sono state rinvenute le schede censurate e di conseguenza vanno respinti i relativi motivi di ricorso.
La richiesta di un supplemento di istruttoria per l’acquisizione delle schede attribuite al xxx deve essere respinta.
Questa la censura posta a fondamento della richiesta del ricorrente: alcuni voti di preferenza in suo favore, espressi nel riquadro del xxx, non gli sarebbero stati attribuiti nonostante non ci fossero ominimi nel xxx e tenuto conto del fatto che la lista "xxx", ove era candidato il ricorrente, era sorta per effetto di una scissione all’interno del xxx. Sostiene il ricorrente che "non si esclude… che qualche elettore fosse convinto che S.C., malgrado i contrasti e le posizioni critiche nei confronti dei dirigenti locali, fosse comunque candidato col xxx e, conseguentemente, abbiano espresso la preferenza accanto al simbolo di quest’ultimo".
La censura è infondata.
Con l’art. 57 comma 7 t.u. delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle amministrazioni comunali, approvate con d.P.R. 16 maggio 1960 n. 570, secondo il quale "sono inefficaci le preferenze per candidati compresi in una lista diversa da quella votata", il legislatore ha inteso far prevalere il voto accordato alla lista rispetto alla preferenza accordata (nel riquadro a quella stessa lista corrispondente) a favore di candidato di altra lista; pertanto, nella contraddittorietà insanabile tra le due opposte espressioni di voto, si è inteso privilegiare – con scelta che non appare manifestamente irragionevole – il voto accordato alla lista, in quanto avente, evidentemente, maggiore e determinante spessore politico nella formazione delle maggioranze consiliari (Consiglio Stato, sez. V, 26 settembre 2006, n. 5643).
Ritiene il Collegio che nessuna rilevanza può avere il collegamento esistente tra il candidato e la lista nel cui riquadro è stata erroneamente inserita la preferenza, sia per la indimostrabilità della volontà dell’elettore di voler preferire il voto di preferenza a quello di lista e sia per l’insuperabilità del dato testuale di cui al comma 7 dell’articolo 57, prima riportato.
Il ricorso va pertanto respinto, senza che vi sia la necessità di esaminare il ricorso incidentale proposto dal controinteressato P.C..
Le spese del giudizio non seguono la regola della soccombenza in quanto il difensore del controinteressato, risultato vittorioso, ha chiesto la integrale compensazione delle stesse fra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna (Sezione Seconda)
definitivamente pronunciando, respinge il ricorso come in epigrafe proposto.
Compensa integralmente fra le parti, su accordo fra le stesse, le spese e gli onorari del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Cagliari nella camera di consiglio del giorno 19 gennaio 2011 con l’intervento dei magistrati:
Francesco Scano, Presidente, Estensore
Marco Lensi, Consigliere
Tito Aru, Consigliere

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.