T.A.R. Lazio Roma Sez. I quater, Sent., 14-11-2011, n. 8775 Ricorso per l’esecuzione del giudicato

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con il presente ricorso parte ricorrente espone quanto segue:

1) che egli lavora alle dipendenze dell’Amministrazione penitenziaria;

2) che, con sentenza n. 12009 del 2008, il T.a.r. del Lazio accoglieva il ricorso proposto da numerosi ricorrenti, tra cui lo stesso, per vedersi riconoscere il diritto ad ottenere il computo delle due ore settimanali di servizio obbligatorio a fini di tredicesima mensilità, nonché ai fini della riliquidazione del trattamento pensionistico e di quello di buonuscita, con relativa condanna dell’Amministrazione al pagamento di quanto dovuto; in particolare, il T.a.r. accoglieva in parte la pretesa dei ricorrenti, riconoscendo il loro diritto ad ottenere il computo, nella base pensionabile e nella base di calcolo della buonuscita delle due ore di servizio straordinario obbligatorio, a decorrere dal 31 dicembre 1995.

Espone, altresì, di avere notificato nel secondo semestre del 2010, come risultante in atti, apposita diffida affinché l’Amministrazione eseguisse la sentenza in epigrafe, passata in giudicato, per effetto del decorso dei termini di impugnazione previsti per legge senza che la parte soccombente proponesse appello.

Conclude, chiedendo, pertanto, che sia dichiarato l’obbligo dell’Amministrazione della Giustizia di portare ad esecuzione la prefata sentenza e che sia eventualmente nominato un commissario ad acta, come per legge.

Si è costituita in giudizio l’Amministrazione intimata, a mezzo dell’Avvocatura generale dello Stato.

Nella camera di consiglio del 3 febbraio 2011, è stato disposto un rinvio per consentire al ricorrente di depositare puntuale documentazione che rendesse possibile al T.a.r. di accertarne la precipua posizione.

Il ricorso è stato trattenuto in decisione nella camera di consiglio del 20 ottobre 2011, nella quale il Collegio ha ritenuto inammissibile la richiesta di parte ricorrente, per le ragioni nel prosieguo indicate.

Deve considerarsi, infatti, che l’esponente aziona la pretesa a conseguire l’esecuzione della sentenza in epigrafe, in base alla quale è stato riconosciuto il diritto ad ottenere la determinazione della base pensionabile e della base di calcolo dell’indennità di buonuscita, ricomprendendovi anche le due ore di lavoro obbligatorie e settimanali già previste dall’art. 12, commi 1, 2 e 3 del d.P.R. 31 luglio 1995, n. 395, a decorrere dal 31 dicembre 1995, pur essendo ancora in servizio.

Al riguardo, è dunque da rilevare che, ancorché la sentenza possa essere considerata quanto meno esecutiva, non avendo parte ricorrente prodotto certificato di non interposto appello, mentre l’art. 114, comma 2 del Codice di rito prescrive che l’attore debba produrre in giudizio anche l’eventuale prova del passaggio in giudicato, la situazione di cui sopra rende la domanda di esecuzione inammissibile, atteso che, a fronte del riconoscimento del diritto ad ottenere il beneficio di che trattasi recato dalla sentenza in epigrafe, la relativa condanna dell’Amministrazione alla corretta determinazione delle sopra cennate basi di calcolo ai fini della pensione e dell’indennità di buonuscita potrà avere attuazione solo quando gli interessati, tra cui l’esponente, lo matureranno, e cioè al momento del collocamento in quiescenza, secondo quanto pure specificato dall’art. 4, comma 4, del menzionato d.P.R. n. 395/1995, sulla base del quale la pretesa è stata riconosciuta dal T.a.r..

In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile.

Per le suindicate considerazioni il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile.

In considerazione della peculiarità del giudizio di ottemperanza all’esame della sezione, sussistono giusti motivi per l’integrale compensazione tra le parti delle spese di giudizio, dei diritti e degli onorari.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio – Sezione I quater, definitivamente pronunciando, dichiara inammissibile il ricorso in epigrafe.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza venga eseguita dall’Autorità Amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 12-10-2011) 28-10-2011, n. 39244

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Avverso il decreto di archiviazione emesso in data 15-9-2010, su conforme richiesta del locale PM, dal GIP presso il Tribunale di Torre Annunziata dalla persona offesa dal reato P.G. che, all’atto della proposizione della querela, pur avendo dichiarate: di volere essere informato della cennata richiesta di archiviazione ex art. 408 c.p.p., comma 2, non aveva ricevuto la prescritta comunicazione, ha proposto ricorso per cassazione, ex art. 409 c.p.p., comma 6, deducendo a motivi del gravame, a mezzo del difensore, la violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) e c) in relazione all’art. 408, comma 2 e art. 409, comma 6, in combinato disposto con l’art. 178, comma 1, lett. c) e art. 179 c.p.p., comma 1, posto che tale omissione non gli aveva consentito di proporre l’opposizione ex art. 410 c.p.p., così risultando pregiudicato il diritta – ancorchè potenziale, al contraddittorio proprio dell’udienza camerale conseguente a detta opposizione, con conseguente vizio "in radice" del provvedimento impugnato.

Il PG in sede, con la requisitoria in atti, ha richiesto l’annullamento senza rinvio dell’impugnato provvedimento, stante la violazione dell’art. 127 c.p.p., comma 1 e 5, per nullità conseguente alla vulnerazione del diritto al contraddittorio e del diritto della parte offesa ad avere accesso al procedimento di archiviazione.

Il ricorso e fondato e va accolto.

Come ripetutamente affermato da questo giudice di legittimità, con rari ed isolati diversi orientamenti, l’omesso avviso della richiesta di archiviazione del P.M. alla persona offesa che, come nella specie, di questa abbia dichiarato di valere essere informata, determina nullità del provvedimenti perchè priva tale parte della facoltà di proporre opposizione, pregiudicante degli la pur potenziale instaurazione del contraddittorio ex art. 127 c.p.p… Tale nullità è insanabile e può essere fatta valere con ricorso a questa Corte di legittimità (cfr. in termini, tra le altre, Cass. pen. Sez. 6^, 21-10-2003 n. 39751, Mancini).

Alla stregua delle considerazioni che precedono, comprovata essendo la denunciata omissione, il provvedimento impugnato va annullato senza rinvio, con trasmissione degli atti al Tribunale di Torre Annunziata per le decisioni di competenza.

P.Q.M.

ANNULLA senza rinvio il decreto impugnato e DISPONE trasmettersi gli atti al Tribunale di Torre Annunziata.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 06-10-2011) 17-11-2011, n. 42416 Costruzioni abusive Reati edilizi

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

In parziale riforma della decisione del Tribunale, la Corte di Appello di Roma, con sentenza 2 febbraio 2011,ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di O.M. per il reato previsto dal D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, perchè estinto per prescrizione ed ha ritenuto l’imputato responsabile del delitto di cui all’art. 481 cod. pen. condannandolo alla pena di mesi due di reclusione (sostituiti in Euro 2.380). La Corte ha respinto la richiesta difensiva di revoca della sospensione condizionale della pena, concessa dal Tribunale e di applicazione dell’indulto perchè il primo istituto è più favorevole e non assumendo rilevanza giuridica l’intento dell’imputato di riservarsi il beneficio dell’art. 163 cod. pen. per il futuro. Questo passaggio della sentenza è criticato dallo O. nelle censure del ricorso in Cassazione con le quali deduce difetto di motivazione e violazione di legge, in particolare, rilevando:

= che i Giudici nello identificare la legge più favorevole tra la concessione dell’indulto o della sospensione condizionale della pena, dovevano confrontare gli effetti concreti della loro applicazione e l’interesse dell’imputato a preservarsi la possibilità di sospensione della pena per eventuali condanne a sanzione detentiva;

= che non è congrua la motivazione sulla quantificazione della pena.

La Corte reputa necessario, innanzi tutto, richiamare la costante giurisprudenza di legittimità secondo la quale la richiesta dell’imputato di non concessione della sospensione condizionale della pena, nel presupposto di fruirne in altre occasioni, non prospetta un interesse giuridico meritevole di tutela che il Giudice possa valutare ai fini della decisione sul punto (ex plurimis: Sezioni Unite sentenza 6563/1994).

Tanto premesso, si rileva che applicazione dell’istituto previsto dagli artt. 163 ss. cod. pen., deve essere sorretta da motivazione, anche sintetica, ma in sintonia con il referente normativo; la valutazione che il Giudice deve effettuare, avendo presente i parametri dell’art. 133 cod. pen., è inerente alla prognosi di recidiva e tende a verificare se il meccanismo di non applicazione della pena sia, o meno, un incentivo per il condannato a commettere in futuro nuovi reati.

Ciò in quanto la ratio dell’istituto si fonda nello scopo rieducativo della pena e nella prevenzione speciale e si radica sui prevedibili effetti positivi, al fine del recupero del condannato, della sospensione della esecuzione della condanna.

Una tale valutazione è carente nel caso in esame nel quale la Corte di Appello si è limitata ad una comparazione, peraltro esatta, sulle ricadute giuridiche della sospensione condizionale della pena e del condono, ma non ha esteso la sua disamina alla sussistenza dei presupposti per l’applicabilità del beneficio.

Di conseguenza, sul tema è riscontrabile una carenza di adeguato e puntuale iter argomentativo.

Tale conclusione, tuttavia, non comporta un annullamento con rinvio per una diversa motivazione sul punto dal momento che il nuovo Giudice non sarebbe nella condizione di concedere la sospensione della pena per carenza del necessario presupposto sulla prognosi di recidiva. Come ricordato dalle Sezioni Unite nel testo della menzionata sentenza,la prospettazione dell’imputato di riservarsi il beneficio per future condanne finisce per porsi in chiara contraddizione con la previsione di non reiterazione criminale richiesta dall’art. 164 cod. pen..

Pertanto, la Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla concessione della sospensione condizionale della pena che elimina demandando la eventuale applicazione dell’indulto alla sede esecutiva.

Non fondata è la residua censura.

Stante la mitezza della sanzione detentiva e la sua sostituzione con la pecuniaria corrispondente, la motivazione sul regime sanzionatorio (che è limitata alla menzione degli elementi di valutazione forniti dall’art. 133 cod. pen.), deve ritenersi sufficiente; del resto, neppure il ricorrente segnala elementi a suo favore che avrebbero potuto ridurre ulteriormente la sanzione.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la impugnata sentenza limitatamente alla applicazione della sospensione condizionale

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

T.A.R. Campania Napoli Sez. VIII, Sent., 10-01-2012, n. 33 Interesse a ricorrere

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con ricorso iscritto al n. 86/2010 R.N.I., premesso di aver acquistato dalla Fermar s.r.l. in persona del suo legale rappresentante M.F., con atto di compravendita del 5.01.2007 , un appartamento composto da tre vani ed accessori ed un sottotetto non abitabile, ubicato al secondo piano scala B di un plesso condominiale sito nel Comune di Vitulazio alla via Tutuni n. 77, esponeva che sin dall’epoca di realizzazione il predetto sottotetto era collegato all’appartamento sottostante da una scala interna, era corredato da bagnetto e relativa impiantistica, e dotato di terrazzo come riportato dai grafici di progetto allegati ai permessi costruire n.n. 83/2003 e 32/2000, e nell’accatastamento allegato all’atto di compravendita.

Ciò premesso impugnava il permesso di costruire n. 15/2009 rilasciato dal Comune di Vitulazio in favore del suo dante causa M.F., per le opere effettuate in difformità dai citati permessi di costruire n.n. 83/2003 e 32/2000 consistenti precisamente in:1) arretramento della falda sul lato sud del fabbricato per consentire la realizzazione di un terrazzo ; 2) riduzione di due abbaini.

A sostegno del ricorso deduceva i seguenti motivi di diritto:

1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 11 comma 1 del D.P.R. n. 380 del 2001.

Il Comune di Vitulazio ha rilasciato il permesso in sanatoria ad un soggetto non legittimato in quanto l’istante sig M.F. in data 5,.01.2007 ha venduto il sottotetto oggetto di sanatoria unitamente all’appartamento sottostante alla ricorrente.

2) Della insussistenza e della violazione dei presupposti previsti dagli artt. 12 e 13 del D.P.R. n. 380 del 2001, della violazione dell’art. 20 comma 1 D.P.R. n. 380 del 2001;

Nei grafici allegati alla istanza presentata dal sig. M. per la parte del sottotetto non vengono riportati gli impianti ed i servizi ivi esistenti e realizzati dal precedente proprietario, ivi inclusa la superficie di m.q. 5,80 adibita sin dall’origine a servizio, per cui la sanatoria risulta rilasciata in spregio all’art. 20 del D.P.R. n. 380 del 2001 perché non riporta il reale stato dei fatti.

3) Violazione dell’articolo 36 comma 3 D.P.R. n. 380 del 2001;

Sulla base di tali motivi, instava quindi per l’accoglimento del ricorso e per la condanna del Comune al risarcimento dei danni ai sensi dell’articolo 7 della L. n. 205 del 2000 nella misura di Euro 15.000 o in quella somma maggiore o minore che il T.a.r. riterrà equa.

Costituitosi il Comune di Vitulazio eccepiva, preliminarmente la inammissibilità del ricorso per carenza di interesse poichè il provvedimento presenta un contenuto favorevole all’istante avendo concesso la sanatoria del terrazzo di sua proprietà. Nel merito opponeva la infondatezza dei motivi dedotti con riguardo alla carenza di legittimazione dell’istante dal momento che l’articolo 11 D.P.R.. cit. include tra i soggetti legittimati anche il responsabile dell’abuso, nonché la correttezza della istruttoria svolta sulla domanda di sanatoria attraverso l’espletamento di un previo sopralluogo e la delimitazione dell’oggetto della domanda di sanatoria alla sola area interessata dal terrazzo e non anche al sottotetto. Instava quindi per il rigetto del ricorso ivi inclusa la domanda di risarcimento dei danni.

Con memoria depositata l’11.05.2011 si costituiva altresì il controinteressato M.F. per eccepire la inammissibilità del ricorso per carenza di interesse e chiederne in ogni caso il rigetto.

Alla pubblica udienza di discussione del 9.11.2011 il ricorso veniva introitato per la decisione.

2. Preliminarmente deve rilevarsi la fondatezza della eccezione di inammissibilità del ricorso per carenza di interesse sollevata dall’amministrazione intimata e dal controinteressato costituito.

Come noto, nel processo amministrativo, l’interesse al ricorso sorge in conseguenza di una lesione concreta ed attuale che si è venuta a determinare nella sfera giuridica del ricorrente come diretta conseguenza del provvedimento oggetto di gravame. Attraverso la proposizione del ricorso al giudice amministrativo, l’interessato si propone di conseguire una situazione di vantaggio con l’annullamento del provvedimento impugnato, attraverso la rimozione della lesione dell’interesse sostanziale dedotto in giudizio.

L’interesse a ricorrere, quindi, postula che l’atto impugnato abbia prodotto in via diretta una lesione attuale della posizione giuridica sostanziale dedotta in giudizio, sicché esso non sussiste, con conseguente inammissibilità del ricorso, quando l’atto, ancorché avente natura provvedimentale, sia privo di immediata ed autonoma lesività.

Ciò è quanto si è verificato nella specie.

La ricorrente, infatti, quale proprietaria dell’immobile oggetto della sanatoria impugnata, ha impugnato il permesso di costruire in sanatoria n.51/2009 che il Comune di Vitulazio ha rilasciato in favore del sig. M.F. quale amministratore unico della Fe.Mar. s.r.l. società sua originaria dante causa e costruttrice dello stabile.

Il permesso di costruire assentito ai sensi dell’articolo 36 D.P.R. n. 380 del 2001 ha ad oggetto, come da relativa istanza, (cfr relazione tecnica allegata alla istanza ) la parte del sottotetto di proprietà della ricorrente che era stata realizzata dal costruttore in difformità rispetto ai permessi di costruire n.n. 83/2003 ed alla variante n. 32/2006 e precisamente:

– l’interruzione della parte della falda del tetto lato sud , per consentire la realizzazione di un terrazzo di pertinenza ai locali sottotetto;

– la riduzione di entrambi gli abbaini del vano principale di ingresso al sottotetto , con conseguente diminuzione della superficie sottesa allo stesso /restando invariati i due vani che compongono il sottotetto);

– realizzazione di una botola per l’alloggio di una scala per il collegamento verticale dell’appartamento al secondo piano.

L’ istanza è stata favorevolmente esitata dalla amministrazione comunale resistente limitatamente alle modifiche comportanti la realizzazione del terrazzo di pertinenza del sottotetto, escludendo la botola interna il quanto il sottotetto è già accessibile dalla scala condominiale.

I motivi di censura proposti dalla ricorrente sono incentrati essenzialmente sul difetto di legittimazione alla proposizione della istanza ex art. 36 D.P.R. n. 380 del 2001 del M.F. nella spiegata qualità, dal quale aveva acquistato il menzionato sottotetto, nonchè sulla erronea rappresentazione dello stato dei fatti, ivi inclusa la botola, a suo dire legittimamente realizzata sulla base dei titoli preesistenti..

A ben vedere la ricorrente, in caso di accoglimento del presente gravame, non potrebbe conseguire alcun vantaggio rispetto al legittimo esercizio delle sue facoltà di uso e godimento del bene quale proprietaria del sottotetto in questione.

Ed infatti nel caso in cui questo T.a.r., ritenendo la fondatezza dei motivi proposti, pervenisse all’annullamento del permesso in sanatoria impugnato, la ricorrente ne subirebbe un pregiudizio risultando evidentemente pregiudicata nella facoltà di utilizzare legittimamente il terrazzo oggetto di sanatoria costituente pertinenza del sottotetto da lei acquistato.

Né può diversamente configurarsi un residuo interesse della Russo limitatamente alla parte del provvedimento concernente il diniego di sanatoria della botola interna, dal momento, non viene censurata la motivazione posta a base del diniego , ed in ogni caso, a parte i rilievi di cui sopra, il permesso impugnato è stato comunque superato dalla emissione sul punto di altro diniego di sanatoria da parte del Comune di Vitulazio con atto prot. n.4831 del 19.07.2010 su istanza della medesima ricorrente e definito alla medesima odierna udienza di discussione con separato ricorso iscritto al n. 5463/2010.

In conclusione per le ragioni sopra esposte va dichiarata la inammissibilità del ricorso conseguendone la condanna di parte ricorrente al pagamento delle spese processuali nei confronti delle parti costituite come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Ottava)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile;

condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali sostenute dalle parti intimate nella misura di complessive Euro 3500,00 ( tremilacinquecento), di cui 1.500,00 (millecinquecento in favore del Comune di Vitulazio e 2000,00 (duemila) in favore della parte controinteressata;

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 9 novembre 2011 con l’intervento dei magistrati:

Antonino Savo Amodio, Presidente

Alessandro Pagano, Consigliere

Renata Emma Ianigro, Consigliere, Estensore

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.