Cons. Stato Sez. VI, Sent., 20-05-2011, n. 3002 Demolizione di costruzioni abusive

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con la sentenza in epigrafe, il T.A.R. per la Puglia accoglieva il ricorso n. 639 del 2006, proposto dalla società A. I. s.p.a. – incaricata, in forza di apposita convenzione, di realizzare la rete di telefonia cellulare per conto del gestore W. s.p.a. – avverso l’ordinanza n. 7 dell’8 marzo 2006, con la quale il responsabile dello Sportello unico per l’edilizia del Comune di Tuglie aveva ingiunto alla società ricorrente di demolire la stazione radio base posizionata in Contrada Vernacchia, via Circonvallazione, sul presupposto che l’autorizzazione ex art. 87, comma 9, d.lgs. 1 agosto 2003, n. 259, formatasi per silenzioassenso in data 9 febbraio 2005 (come da sentenze inter partes nn. 4524/2005 e 953/2006 dello stesso T.A.R.), era stata richiesta, con istanza del 1 dicembre 2003, per la durata di soli dodici mesi, con conseguente scadenza del titolo abilitativo a far tempo dal 9 febbraio 2006. Il T.A.R. fondava la pronuncia di accoglimento sul duplice rilievo (i) che il termine di durata di dodici mesi non poteva che decorrere dalla data dell’attivazione effettiva dell’impianto, anziché da quella, anteriore, della formazione del titolo abilitativo, e (ii) che la società ricorrente aveva presentato un’istanza successiva in data 22 dicembre 2003, novativa della prima, nella quale non v’era menzione alcuna di temporaneità della richiesta autorizzazione. Dichiarava invece inammissibile la domanda risarcitoria, per genericità.

2. Avverso tale sentenza interponeva appello il Comune di Tuglie, dolendosi dell’erronea valutazione in fatto, in quanto l’istanza del 22 dicembre 2003 doveva ritenersi meramente ricognitiva/ripropositiva di quella originaria, tesa al rilascio di un’autorizzazione a tempo determinato. Chiedeva dunque la correlativa riforma della gravata sentenza.

3. Costituendosi in giudizio, la società appellata contestava la fondatezza dell’appello e ne chiedeva il rigetto.

4. Con atto depositato il 16 aprile 2011, il Comune appellante dichiarava testualmente "di non avere più interesse alla decisione sul ricorso in appello, considerato che con deliberazione n. 176 del 25 giugno 2008 la Giunta Municipale ha preso atto dell’annullamento in autotutela dell’ordinanza di demolizione e riduzione in pristino n. 3 del 11.2.2008", così segnalando la sopravvenuta carenza d’interesse a coltivare l’appello.

5. All’udienza pubblica del 10 maggio 2011 la causa veniva trattenuta in decisione.

6. Sebbene l’atto di annullamento d’ufficio in autotutela non avesse ad oggetto immediato e diretto la qui gravata ordinanza di demolizione n. 7 dell’8 marzo 2006, bensì l’ordinanza successiva n. 3 dell’11 febbraio 2008 emanata per maturazione del termine di scadenza annuale del 10 marzo 2007 computato a far tempo dalla data di attivazione dell’impianto – come da statuizione della qui impugnata sentenza n. 3318/2006, di cui sopra sub 1.(i) -, l’atto di autotutela è, tra l’altro, motivato dal richiamo anche alle statuizione della sentenza predetta e dall’"opportunità di chiudere il contenzioso amministrativo in essere con la società interessata, con conseguente eliminazione delle negative conseguenze che ne possono derivare" (v. così, testualmente, l’atto di annullamento d’ufficio in autotutela). La dichiarazione di sopravvenuta carenza d’interesse all’appello, proveniente dalla stessa Amministrazione appellante, evidentemente sottende una valutazione, rimessa alla stessa parte impugnante, del venir meno dell’interesse a coltivare l’appello in conseguenza del sopravvenuto atto di autoannullamento, da essa ritenuto a ciò idoneo anche nell’ambito del presente giudizio.

S’impone dunque la declaratoria d’improcedibilità del ricorso in appello per sopravvenuta carenza d’interesse alla prosecuzione del presente giudizio di gravame.

7. Avuto riguardo ad ogni circostanza connotante la presente controversia, si ravvisano i presupposti di legge per dichiarare le spese del grado interamente compensate fra le parti.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto (Ricorso n. 6410 del 2006), lo dichiara improcedibile per sopravvenuta carenza d’interesse; dichiara le spese del presente grado interamente compensate fra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Cons. Stato Sez. VI, Sent., 06-06-2011, n. 3366 Aggiudicazione dei lavori Contratto di appalto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1). Con bando pubblicato il 18 febbraio 2010 la soc. F. D. C. a r.l. indiceva appalto concorso per l’affidamento, con il criterio dell’offerta più vantaggiosa, della progettazione ed esecuzione di lavori di ampliamento e di riqualificazione della stazione ferroviaria di Catanzaro.

Espletata la procedura di gara si classificava al primo posto della graduatoria il Consorzio stabile R. s.c. a r.l., con punti 83,38, mentre al secondo posto, con punti 73,92, si posizionava il raggruppamento temporaneo di imprese costituito fra la soc. Costruzioni Procopio a r.l. e l’impresa Francesco Ventura costruzioni ferroviarie a r.l.

L’esecuzione dei lavori era, quindi, affidata in via definitiva in favore al Consorzio R..

Avverso il provvedimento di aggiudicazione definitiva adottato il 14 maggio 2010, la nota di comunicazione dell’esito della gara, le operazioni della commissione preposta alla valutazione delle offerte dei concorrenti ed i relativi verbali la soc. capogruppo Costruzioni Procopio proponeva ricorso avanti al Tribunale regionale amministrativo per la Calabria, sede di Catanzaro, deducendo articolati motivi di violazione di legge ed eccesso di potere in diversi profili e formulando domanda di l’annullamento degli atti gravati, con ogni effetto sull’aggiudicazione dell’appalto in suo favore e subentro nel contratto.

In via subordinata, ove l’aggiudicazione della commessa ed il conseguimento del contratto risultassero impraticabili, chiedeva il ristoro per equivalente del danno sofferto.

La soc. Costruzioni Procopio con motivi aggiunti contrastava,altresì, la nota di riscontro della stazione appaltante n. DG/901 del 18 giugno 2010 alle osservazioni dalla stessa rassegnate, ai sensi dell’art. 245 bis del d.lgs. n. 163 del 2006, in ordine alla legittimità della procedura di gara.

Con ricorso incidentale il Consorzio aggiudicatario eccepiva vizi nella partecipazione alla gara dell’ a.t.i. con capogruppo la ricorrente Costruzioni Procopio, tali da rendere dovuta l’esclusione.

Con sentenza n. 3005 del 2010 il Tribunale adito respingeva il ricorso incidentale del Consorzio R. ed accoglieva l’impugnazione proposta dalla soc. Costruzioni Procopio, riconoscendo fondato il secondo mezzo di gravame, relativo all’inosservanza nel progetto definito redatto dall’impresa aggiudicataria della normativa tecnica dettata dal d.m. 14 gennaio 2008, con specifico riferimento alle regole valide per le costruzioni in territorio dichiarato sismico, qual è quello in cui ricade il Comune di Catanzaro.

Il giudice territoriale riconosceva, inoltre, il diritto della soc. Costruzioni Procopio all’aggiudicazione e stipula del contratto e dichiarava inefficace lo strumento negoziale già stipulato.

Con appello, inizialmente introdotto avverso il dispositivo della sentenza ed, in prosieguo, integrato nei motivi un volta pubblicata la motivazione, il Consorzio R. ha diffusamente contrastato le statuizioni del Tribunale regionale, con le quali sono stati respinti i motivi di ricorso incidentale sulla legittimità dell’ammissione all’ a.t.i. con capogruppo la soc. Costruzioni Procopio ed accolto il motivo del ricorso principale proposto da detta società, inerente all’inosservanza delle specifiche tecniche di cui al d.m. 14 gennaio 2008, dichiarando l’inefficacia del contratto stipulato con l’impresa risultata aggiudicataria.

Con successive memorie la soc. Procopio Costruzioni ha ulteriormente illustrato le proprie tesi difensive.

Resiste la soc. F. D. C. che ha contraddetto in controricorso i motivi di impugnativa.

Con appello incidentale la soc. Costruzioni Procopio ha censurato i capi della sentenza gravata reiettivi dei motivi di legittimità articolati avverso lo svolgimento e l’ esito della procedura di gara e, in sede di note difensive e di replica, ha contraddetto con diffuso ordine argomentativo alle deduzioni in appello del Consorzio R..

Con ordinanza cautelare n. 1062 del 2011 la Sezione ha sospeso la sentenza impugnata fino alla definizione nel merito della controversia.

All’udienza del 6 maggio 2011 il ricorso è stato trattenuto in decisione

2). Vanno esaminati in primo luogo le deduzioni del Consorzio R. formulate avverso la sentenza impugnata nella parte in cui ha respinto il primo motivo del ricorso incidentale, articolato in primo grado, volto a censurare l’ammissione alla gara della soc. Costruzioni Procopio.

Si tratta di questione che – alla luce dell’indirizzo da ultimo segnato dall’Adunanza Plenaria di questo Consiglio di Stato con sentenza 7 aprile 2011, n. 4- riveste carattere pregiudiziale, poiché alla presenza di un valido atto di ammissione alla procedura concorsuale resta condizionata la legittimazione del concorrente, non utilmente graduato, a sindacare in giustizia lo svolgimento ed esito del concorso.

2.1). Sul punto la sentenza appellata merita conferma.

2.2). Il primo giudice, in merito al motivo diretto a contestare l’atto di ammissione alla gara della soc. Costruzioni Procopio in associazione temporanea con l’impresa Ventura sul rilievo della sottoscrizione dell’offerta da parte sella sola mandataria in data anteriore (16 aprile 2010) alla costituzione del raggruppamento temporaneo, avvenuta con conferimento il 19 aprile 2010 di mandato collettivo di rappresentanza all’impresa Procopio, ha correttamente assunto a riferimento, gli effetti della verifica dei presupposti per l’ammissione, la data di presentazione dell’offerta (22 aprile 2010)

Stabilisce, invero, l’art. 34, comma 1, lett. d), del d.lgs. 12 aprile2006, n. 163, che sono ammessi a partecipare alla procedure di affidamento dei contratti pubblici i raggruppamenti temporanei costituiti dai soggetti di cui alle lettere a), b) e c)i quali, prima della presentazione dell’offerta, abbiamo conferito mandato speciale collettivo con rappresentanza ad uno di essi, il quale esprime l’offerta in nome e per conto proprio dei mandanti.

Alla stregua della su riferita disposizione ai fini della regolarità dell’atto di ammissione assume rilievo il perfezionamento dello strumento negoziale che dà luogo alla partecipazione in associazione in un momento anteriore alla presentazione dell’offerta, così che l’impresa mandataria risulti abilitata a produrla in nome proprio e dei soggetti rappresentati. Su detta circostanze si innesta il controllo della stazione appaltante, mentre resta irrilevante, sul piano pubblicistico, ogni pregressa attività preparatoria della produzione dell’offerta, che coinvolge iure privatorum i rapporti fra i soggetti partecipanti all’ a.t.i..

In particolare la circostanza che l’atto recante l’offerta sia stato materialmente redatto e sottoscritto dall’impresa mandataria in data anteriore a quella di conferimento del mandato collettivo non inficia sul piano formale l’offerta stessa, i cui contenuti l’impresa capogruppo può far propri, una volta ricevuto il mandato con rappresentanze, in nome e per conto proprio dei mandanti, come consentito dall’art. l’art. 34, comma 1, lett. d), del d.lgs. n. 163 del 2006, in precedenza richiamato ai fini della partecipazione in associazione alla gara. Al momento della presentazione dell’offerta non sussisteva, quindi, alcuna preclusione alla spendita dell’offerta tecnica ed economica in precedenza redatta nell’interesse comune di tutte le imprese associate.

3). Attesa la posizione legittimante del Consorzio R. a censurare lo svolgimento e l esito del concorso, il Collegio, ai fini del decidere, reputa necessario disporre una verificazione volta ad accertare;

– se il progetto definitivo offerto in gara dal Consorzio R. sia stato redatto – secondo quanto prescritto dall’art. 3 del c.s.p. (capitolato speciale prestazionale)- in osservanza delle norme tecniche per le costruzioni dettate dal d.m. 14 gennaio 2008, con specifico riferimento alle tecniche costruttive antisismiche da applicarsi nella zona in cui ricade l’opera pubblica;

– se ai fini dei sistemi di calcolo risulti l’impiego – quale strumento di ausilio informatico – del software fornito dalla STACES S.r.l. denominato FaTa, nella versione 25.1.2, con aggiornamento alle disposizioni introdotte dal d.m. 14 gennaio 2008 ed impostazione del programma agli effetti dell’osservanza delle disposizioni sulle costruzioni in zona sismica.

Ai sensi dell’art. 66 cod. proc. amm. è nominato organismo verificatore il Direttore generale per la vigilanza e la sicurezza delle infrastrutture del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti che, direttamente o avvalendosi di funzionario tecnicamente qualificato all’uopo delegato, provvederà alle operazioni di verifica innanzi indicate, rassegnando le conclusioni in apposita relazione.

Sarà cura della soc. F. D. C. porre tempestivamente nella disponibilità dell’organismo verificatore ogni supporto documentale e conoscitivo.

Ai fini dell’adempimento istruttorio è assegnato il termine di giorni 40 (quaranta) dalla comunicazione in via amministrativa della presente ordinanza, o dalla data di notifica se anteriore.

L’esito della verificazione dovrà essere comunicato alle parti a cura della segreteria della Sezione trenta giorni prima della data del 25 ottobre 2011, alla quale è fissata l’udienza per il prosieguo della trattazione del ricorso.

E’ fatta riserva di determinazione il compenso spettante al verificatore ai sensi dell’art. 66, comma 4, Cod. proc. amm.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), riservata ogni ulteriore decisione in rito, nel merito e sulle spese in ordine alla presente controversia, dispone che il Direttore generale per la vigilanza e la sicurezza delle infrastrutture del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti provveda alla verificazione di cui in motivazione in osservanza delle modalità e del termine ivi indicati.

Dà mandato alla segreteria della Sezione per la comunicazione dell’esito dell’istruttoria in nel termine indicato in motivazione.

Fissa per il prosieguo della trattazione del ricorso l’udienza del 25 ottobre 2011.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 04-05-2011) 17-06-2011, n. 24416 Violenza sessuale di gruppo

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Gli imputati G.V. e S.A. hanno proposto ricorso per Cassazione per l’annullamento della sentenza 5 dicembre 2007 della Corte di Appello di Roma sez. Minorenni con la quale sono stati ritenuti responsabili – e condannati alla pena di giustizia – del reato di violenza sessuale di gruppo perpetrata ai danni di una giovane. Costei ha riferito che, mentre si trovava su di un autobus (dove era scoppiato un tumulto tra i ragazzi tanto che l’autista aveva chiesto aiuto alla polizia) il G. aveva cercato di toglierle la maglietta ed il S. le aveva preso la testa portandola verso le sue parti intime proferendo frasi volgari; dopo che si era rialzata, tale D.G. (giudicato separatamente) l’aveva abbracciata.

Gli imputati, con un unico motivo, deducono che la fattispecie non avrebbe dovuto essere sussunta nella ipotesi di violenza sessuale di gruppo perchè le condotte degli agenti sono state autonome seppure in un rapporto di contestualità spazio – temporale; non vi era un previo accordo nè un programma comune per l’esecuzione degli atti sessuali.

Il problema di diritto che il caso pone concerne l’individuazione degli elementi costitutivi della fattispecie prevista dall’art. 609 octies cod. pen. e di quelli distintivi di tale delitto dalla violenza sessuale singola o dal concorso di persone nel reato.

La partecipazione di più soggetti riuniti ad atti di violenza sessuale imprime al fatto un grado di maggiore disvalore, rispetto alla ipotesi dell’art. 609 bis cod. pen., per la peculiare lesività della condotta e conseguente capacità di intimidazione del soggetto passivo; la compresenza di più aggressori è idonea ad eliminare o ridurre la forza di reazione della vittima ed a determinarne effetti fisici di particolare pregnanza.

L’azione collettiva presuppone la presenza di più persone al momento e sul luogo del delitto (e tale requisito è l’elemento differenziatore con il concorso di persone nel reato); non è richiesto, per il perfezionamento della fattispecie, un accordo preventivo e, tantomeno, una programmazione del delitto essendo sufficiente una adesione, anche estemporanea, al progetto criminoso altrui (ex plurimis: Cass. Sez. 3 sentenza 34212/2010).

Non è condivisibili sul punto – perchè contrarie allo spirito della legge ed alla costante giurisprudenza di legittimità – la contraria tesi del ricorrente sulla necessità di un previo accordo con divisione di compiti sull’esecuzione dell’atto sessuale; di conseguenza, è irrilevante la circostanza – plausibile per lo snodarsi dei fatti precisati nella sentenza – della mancanza di un preventivo disegno criminoso tra gli imputati. Tanto premesso, la Corte di Appello (con motivato accertamento fattuale che sfugge al sindacato di legittimità) ha messo in luce non solo la contemporanea presenza degli aggressori, ma la loro cooperazione per impedire alla vittima di reagire, spingendola e ponendola nella condizioni di non potere difendersi, in tale modo, favorendo reciprocamente l’azione l’uno dell’altro; la condotta di un agente si poneva strettamente collegata a quella del correo saldandosi in una unica azione delittuosa.

Non corrisponde alla ricostruzione storica dei fatti della impugnata sentenza, la deduzione difensiva (sulla quale si fonda la conclusione in diritto) che le condotte degli imputati, pur avvenute nello stesso contesto, fossero sostanzialmente autonome.
P.Q.M.

Rigetta i ricorsi.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Cass. civ. Sez. I, Sent., 21-11-2011, n. 24423 Provvedimenti impugnabili per Cassazione

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Svolgimento del processo

Con ordinanza del 12.3.2008 la Corte di Appello di Roma dichiarava inammissibile il reclamo proposto da R.d.M.G. avverso l’ordinanza con la quale il giudice istruttore del Tribunale di Roma, nel corso del giudizio di separazione pendente tra il reclamante e la moglie I.F., aveva adottato nei suoi confronti, ai sensi dell’art. 709 ter c.c., il provvedimento sanzionatorio del pagamento di una somma di denaro respingendo ogni istanza di modifica del regime di affidamento dei figli, avendo ritenuto provata l’inadempienza del padre rispetto alle prescrizioni sul diritto di visita dei figli. La Corte di appello infatti, accogliendo la corrispondente eccezione di inammissibilità sollevata dalla I., aveva ritenuto che il provvedimento in questione non fosse reclamabile, sia perchè il detto rimedio sarebbe previsto esclusivamente nei confronti dei provvedimenti temporanei ed urgenti emessi dal Presidente del Tribunale, sia perchè i detti provvedimenti (sempre modificabili e revocabili) avrebbero natura diversa da quelli presidenziali.

Avverso la decisione R.d.M. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui ha resistito la I. con controricorso.

La controversia veniva quindi decisa all’esito dell’udienza pubblica del 10.10.2011.

Motivi della decisione

Con i due motivi di impugnazione il ricorrente ha rispettivamente denunciato:

1) violazione dell’art. 709 ter c.p.c., per la negata reclamabilità davanti alla Corte di appello dell’ordinanza del giudice istruttore presso il tribunale di Roma del 5.6.2007.

Il contestato giudizio era stato infatti emesso sulla base di due presupposti, consistenti: a) nel fatto che il reclamo sarebbe stato previsto esclusivamente per la diversa ipotesi di provvedimenti temporanei ed urgenti emessi dal Presidente del Tribunale; b) nella impugnabilità del provvedimento unitamente all’"impugnazione della sentenza che li ha recepiti o comunque a revisione immediata nei modi ordinari, tra i quali non rientra il reclamo alla Corte d’Appello".

Entrambi i presupposti sarebbero stati tuttavia erroneamente individuati, e ciò in quanto i provvedimenti adottati dal giudice nel corso del procedimento ex art. 709 c.p.c. avrebbero carattere decisorio e definitivo, e non sarebbero pertanto modificabili o revocabili, mentre l’organo giudiziario deputato alla loro emanazione sarebbe il tribunale in composizione monocratica, anzichè il giudice istruttore, e ciò determinerebbe l’individuazione della Corte di appello quale giudice del reclamo; 2) violazione di legge sotto il profilo dell’assoluta carenza di motivazione che connoterebbe l’ordinanza impugnata, che nulla avrebbe detto "in ordine alle ragioni per le quali i provvedimenti emessi dal giudice istruttore ai sensi dell’art. 709 c.p.c. non sarebbero reclamabili davanti alla Corte". Il ricorso è inammissibile.

In proposito occorre premettere che la controversia in esame ha la sua genesi nel giudizio di separazione dei coniugi R.d.

M.G. e I.F., instaurato presso il Tribunale di Roma.

Nell’ambito di tale giudizio entrambi i coniugi, con separati ricorsi poi decisi unitariamente, avevano denunciato, ai sensi dell’art. 709 ter c.p.c., pretese inadempienze dell’altro coniuge, il R. sollecitando inoltre una modifica dei provvedimenti presidenziali in tema di affidamento dei figli, chiedendo dapprima l’affidamento condiviso e quindi l’affidamento esclusivo in proprio favore.

Il giudice istruttore della causa di separazione, con ordinanza del 4.6.2007 decideva nei seguenti termini: riscontrava una grave inadempienza del padre, che per l’effetto condannava al pagamento di Euro 17.000; escludeva inadempienze da parte della madre; respingeva infine la richiesta di modifica delle statuizioni in tema di affidamento.

Ciò premesso occorre rilevare che dalle stesse indicazioni contenute nel ricorso in esame (segnatamente p. 6) si evince che il R. ha proposto reclamo alla Corte di Appello contro la sopra richiamata ordinanza, denunciando l’erroneità del detto provvedimento esclusivamente sotto i due profili della conferma dell’affidamento dei figli alla madre (in relazione al quale veniva rinnovata la richiesta di affidamento condiviso) e della negata pronuncia sanzionatoria nei confronti della moglie, che pure avrebbe tenuto un comportamento contrario ai propri doveri. Orbene, considerato che l’art. 709 ter c.p.c., u.c., stabilisce che "i provvedimenti assunti dal giudice del procedimento sono impugnabili nei modi ordinari", vale a dire in ragione della natura delle misure adottate, e che nella specie il reclamo era stato proposto contro provvedimento privo del carattere della definitività e della decisorietà (specificamente in termini C. 10/21718), ne consegue anche l’inammissibilità del ricorso oggetto di esame, in applicazione del principio secondo il quale la pronunzia sull’osservanza delle norme che regolano il processo ha la medesima natura dell’atto giurisdizionale alla cui emanazione il processo è preordinato, sicchè ad essa pronunzia non può essere attribuita valenza di provvedimento decisorio e definitivo, se di tali caratteri l’atto giurisdizionale sia privo (C. 08/26631, C. 03/11026).

Ne discende, conclusivamente, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente, soccombente, al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.200, di cui Euro 200 per esborsi, oltre alle spese generali e agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 10 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 21 novembre 2011

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