Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia – Lecce 52/2009

composto dai Signori Magistrati :

Aldo Ravalli PRESIDENTE

Ettore Manca COMPONENTE

Carlo Dibello COMPONENTE rel.

ha pronunziato la seguente :

SENTENZA

su ricorso n. 1762/1994 presentato da :

SPIRI ANTONIETTA, rappresentata e difesa dall’avv. Massimo Bagno, con domicilio eletto in Lecce, via Lequile,12 presso il signor Cavalera Donato ;

contro

MINISTERO MARINA MERCANTILE –ROMA,

CAPITANERIA DI PORTO DI GALLIPOLI , entrambi rappresentati e difesi dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Lecce presso la quale sono domiciliati per legge;

per l’annullamento previa sospensiva

– dell’ingiunzione di sgombero n.23/94 emessa dalla Capitaneria di Porto di Gallipoli in data 12.04.1994, notificata il 19 successivo, con la quale si ingiunge alla ricorrente la chiusura di un passo carrabile , ed il ripristino dello stato dei luoghi , nonché di ogni altro atto comunque connesso, presupposto o consequenziale;

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della Capitaneria di Porto di Gallipoli Viste le memorie depositate dalle parti ;

Designato alla udienza pubblica dell’8 ottobre 2008 il relatore dr. Carlo Dibello ed uditi altresì l’avv. Angelo Vantaggiato in sostituzione dell’avv. Massimo Bagno per la ricorrente, e l’avv. dello Stato Simona Libertini;

FATTO

La ricorrente è proprietaria di una abitazione in Marina di Alliste, località Cisternelle , ubicata sul retro di alcuni fabbricati che fronteggiano la litoranea Gallipoli- Santa Maria di Leuca, per accedere alla quale attraversa, da tempo immemorabile , un piccolo spazio demaniale.

L’interessata impugna l’ordinanza con la quale la Capitaneria di Porto di Gallipoli le ha ingiunto la chiusura del passo carrabile creato ad hoc e la rimessa in pristino stato dell’area.

L’ordinanza in questione è gravata per le seguenti ragioni:

I-Eccesso di potere per erronea valutazione dei presupposti di fatto e di diritto;

II- Eccesso di potere per carenza di motivazione ;

III- Eccesso di potere per confusione e perplessità nell’esercizio dell’azione amministrativa;

IV- Violazione di legge

Si è costituita in giudizio la Capitaneria di Porto di Gallipoli che ha contestato il ricorso e ne ha chiesto il rigetto.

Alla camera di consiglio del 15 giugno 1994 è stata concessa la tutela cautelare invocata dalla ricorrente

La causa è stata assunta in decisione alla udienza pubblica dell’8 ottobre 2008.

DIRITTO

Il ricorso è infondato .

Con il primo motivo di gravame, la ricorrente contesta in radice il contenuto della ordinanza emanata dalla Capitaneria di Porto.

Difetterebbe, in particolare, il presupposto fattuale a sostegno del provvedimento che ha ingiunto la chiusura del passo carrabile e la rimessa in pristino stato in quanto “ dalla documentazione fotografica che si esibisce, risulta evidente che l’area in questione è uno spazio libero, che viene utilizzata dalla generalità dei cittadini”

Da tanto dovrebbe trarsi la conclusione che “ l’area subisce un uso generale , senza posizioni di particolare vantaggio per la ricorrente”.

Né sussisterebbe il pericolo che possa costituirsi sull’area demaniale in questione una servitù di passaggio o di accesso in favore della ricorrente per il decorso del tempo o con altre modalità , non essendo ciò configurabile per i beni demaniali.

Il motivo non può essere accolto.

La documentazione versata in atti dalla difesa erariale smentisce la prospettazione della ricorrente.

Il provvedimento censurato è stato legittimamente emanato sul presupposto della abusiva utilizzazione di un’area demaniale marittima di 37 metri quadrati che la ricorrente, pur dopo la scadenza della concessione rilasciatale a tal fine dalla Capitaneria di Porto di Gallipoli, ha continuato a destinare a uso passo carrabile.

Infatti, nonostante l’atto di rinuncia all’esercizio della concessione in questione, inoltrato dalla ricorrente già il 18.12.1993 , la Spiri ha serbato un comportamento concludente incompatibile con la fruizione generalizzata di quel tratto di demanio marittimo da parte di tutta la collettività e, dunque, in contrasto con la fisiologica destinazione del bene in questione .

Invero, alla data del 16 marzo 1994 militari della delegazione di spiaggia di Ugento hanno potuto constatare l’abusiva occupazione dell’area da parte della ricorrente, non sussistendo più, a quella data, alcun provvedimento che legittimasse un uso speciale del demanio.

Così come assume particolare significato, indipendentemente dall’accertamento di intervenute modifiche dello stato dei luoghi ad opera della interessata, l’esito del sopralluogo effettuato il 17 dicembre 1994, ben dopo la data di adozione del provvedimento di chiusura del varco carrabile contestato dalla signora Spiri.

Al momento dell’accertamento si è riscontrato che sulla proprietà demaniale marittima è stato precostituito un vero e proprio diritto esclusivo di accesso, in quanto all’interno delle proprietà private di cui sopra, insistono dei manufatti ad uso garage/posto macchina( vedi relazione della Capitaneria di Porto di Gallipoli del 13.2.1995).

Il Collegio reputa, pertanto, che l’autorità marittima intimata abbia legittimamente esercitato il potere di repressione dell’abuso posto in essere dalla ricorrente , al fine di ripristinare la legalità violata e cioè di restituire il bene demaniale alla funzione che gli è propria .

L’esercizio di detto potere può essere sufficientemente motivato attraverso la sintetica descrizione del comportamento antigiuridico posto in essere dal destinatario della ingiunzione di sgombero , senza richiedere una articolata motivazione ( II motivo di ricorso).

Si è poi detto che la ricorrente non può allegare a proprio favore la circostanza che il terreno non abbia subito alcuna alterazione ad opera dell’uomo , per dedurre il perdurante uso generalizzato dell’area demaniale in discorso(III motivo di ricorso).

La circostanza è stata, come già rilevato, sufficientemente smentita non solo dalla c.n.r. posta a base dell’ordinanza impugnata , ma anche dall’esito del sopralluogo congiuntamente effettuato dalle parti in data 17 dicembre 1994.

Infine è pure infondato l’ultimo motivo di ricorso.

L’adempimento dell’obbligo di rimettere in pristino stato l’area abusivamente occupata dalla ricorrente deriva direttamente dalla legge e risulta, perciò ingiunto alla ricorrente in conformità al precetto costituzionale di cui all’art 23 Cost.

L’insieme delle argomentazioni milita per il rigetto del ricorso.

Le spese possono essere compensate

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, sezione prima di Lecce, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge

Compensa tra le parti le spese del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.

Così deciso in Lecce, in camera di consiglio, il 8 ottobre 2008

-ALDO RAVALLI – PRESIDENTE

-CARLO DIBELLO- ESTENSORE

Pubblicata mediante deposito

in Segreteria il 14 gennaio 2009

Fonte: www.giustizia-amministrativa.it

Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia – Lecce 51/2009

composto dai Signori Magistrati:

Aldo Ravalli PRESIDENTE

Ettore Manca COMPONENTE

Carlo Dibello COMPONENTE REL.

ha pronunziato la seguente :

SENTENZA

sul ricorso n° 3119/1992 proposto da:

GARRAPA LUIGI, rappresentato e difeso dall’ avvocato Giovanni Pellegrino unitamente e disgiuntamente all’avv. Federico Massa , ed elettivamente domiciliato presso lo studio del primo difensore in Lecce alla via Augusto Imperatore, 16;

contro

COMUNE DI MELPIGNANO, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Pietro Quinto ed elettivamente domiciliato presso lo studio del predetto difensore in Lecce, via Garibaldi,43 ;

per l’annullamento

-del diniego di concessione edilizia sulla istanza del 7.2.1992 , esternato con nota sindacale 8.6.1992 n.1242;

-di ogni altro atto connesso, presupposto o comunque consequenziale, in particolare, ove occorra, del parere della C.E.C. espresso in data 26.5.1992;

Visto il ricorso con i relativi allegati;

visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Melpignano ;

viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

visti tutti gli atti della causa;

Designato quale relatore alla pubblica udienza del 24 ottobre 2007 il referendario Carlo Dibello ed uditi altresì l’Avv. Gianluigi Pellegrino, in sostituzione dell’Avv. Giovanni Pellegrino, e l’Avv. Alberto Durante, in sostituzione dell’Avv. Pietro Quinto;

ritenuto e considerato quanto segue.

FATTO E DIRITTO

Il ricorrente ha impugnato il provvedimento di diniego di concessione edilizia assunto dal sindaco del Comune di Melpignano in relazione ad una istanza presentata dall’interessato in data 7 febbraio 1992.

Il Comune di Melpignano , nel costituirsi in giudizio, ha proposto controricorso con il quale ha insistito per una declaratoria di inammissibilità o di infondatezza del ricorso.

Alla camera di consilgio del 18.11.1992, il Collegio ha concesso la tutela cautelare invocata dal ricorrente.

In vista della discussione del merito della presente controversia, la difesa dello stesso ricorrente ha prodotto una attestazione con la quale il Responsabile dell’Ufficio Tecnico Comunale ha espresso l’avviso di ritenere pienamente legittima e valida la concessione edilizia n. 5 del 1993 , rilasciata dal Sindaco del Comune di Melpignano nonostante il parere contrario della CEC.

Si deve perciò ritenere che detta concessione , in uno alla attestazione sopra citata costituiscano atti aventi carattere pienamente satisfattivo per il ricorrente perché soddisfano il suo interesse sostanziale a conseguire il provvedimento ampliativo .

Va, pertanto dato atto della cessazione della materia del contendere , ai sensi dell’art 23, comma 7 legge 6 dicembre 1971, n. 1034.

Le spese di lite possono essere interamente compensate in considerazione dell’atteggiamento collaborativo dell’amministrazione.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Puglia , – 1^ sezione di Lecce-, definitivamente pronunciando sul. ricorso in epigrafe, lo dichiara improcedibile per cessazione della materia del contendere .

Compensa interamente tra le parti le spese, i diritti e gli onorari di lite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa .

Così deciso in Lecce, nella camera di consiglio del 24 ottobre 2007

Aldo Ravalli – Presidente

Carlo Dibello -Estensore

Pubblicata mediante deposito

in Segreteria il 14 gennaio 2009

Fonte: www.giustizia-amministrativa.it

Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia – Lecce 50/2009

composto dai Signori Magistrati :

Aldo Ravalli PRESIDENTE

Ettore Manca COMPONENTE

Carlo Dibello COMPONENTE rel.

ha pronunziato la seguente :

SENTENZA

su ricorso n. 386/1992 presentato da :

ECOMED S.R.L., in persona del legale rappresentante p.t. , rappresentata e difesa dal Prof. Avv. Ernesto Sticchi Damiani, con domicilio eletto presso lo studio del predetto difensore in Lecce, via 95° Rgt. Fanteria, 9;

contro

COMUNE DI TARANTO, non costituito;

AMMINISTRAZIONE PROVINCIALE DI TARANTO, non costituita;

per l’annullamento

– del provvedimento n.27595 del 4/11/91 a firma dell’Assessore all’Ambiente ed Ecologia e del Presidente dell’Amministrazione Provinciale di Taranto avente ad oggetto:” Progetto per la costruzione di manufatti edilizi al servizio dell’impianto di interramento controllato e sanitario di rifiuti solidi in località “Macchie delle Caselle”. Richiedente Ecomed srl”

-per quanto occorra e nei limiti dell’interesse della ricorrente :

-della deliberazione del Consiglio Provinciale di Taranto 30/11/90 n.514;

nonché ulteriormente ove occorra:

– della deliberazione n.10 del 24/9/91, adottata dal Consiglio Circoscrizionale “Paolo VI e Agronord” di Taranto;

-di ogni eventuale altro atto connesso, presupposto e consequenziale;

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Viste le memorie depositate dalle parti;

Designato alla udienza pubblica del 24 ottobre 2007 il relatore dr. Carlo Dibello, con la presenza del Prof. Avv. Ernesto Sticchi Damiani per la società ricorrente;

FATTO

La società ricorrente ha rivolto al Comune di Taranto istanza- protocollata al n.335/89- intesa al rilascio di concessione edilizia per la costruzione di manufatti da porre a servizio di un impianto di interramento controllato di rifiuti solidi urbani, che la stessa società ha progettato di insediare in località Macchie di Caselle a Taranto.

Dopo l’approvazione del progetto da parte della Commissione edilizia comunale ( comunicata con nota del 25/1/90) e della Giunta provinciale ( con una precedente delibera del 26/6/89), quest’ultima subordinatamente al verificarsi di alcune condizioni , la società ha ricevuto comunicazione della nota assessorile impugnata .

Con detto ultimo atto si rappresentano elementi ostativi all’approvazione definitiva del progetto, costituiti dal parere contrario espresso sulla localizzazione della discarica da parte del consiglio circoscrizionale “Paolo VI e Agronord” con delibera n.10 del 24 settembre 1991, e dalla intervenuta approvazione del piano integrato per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani , ad opera del Consiglio Provinciale di Taranto con delibera 514 del 4/12/90.

La società impugna gli atti richiamati in epigrafe per i seguenti motivi:

I-Violazione dell’assetto normativo riveniente dal Dpr 10/9/82 n.915 e dalla legge regionale 3/10/86, n.30.Incompetenza.

II- Violazione dell’assetto di competenze rivenienti dalla legge regionale n.30/86;

III- Falsa ed erronea valutazione dei presupposti di fatto e di diritto: eccesso di potere;

Le amministrazioni intimate non si sono costituite in giudizio.

La causa è stata trattenuta in decisione all’udienza pubblica del 24 ottobre 2007 .

DIRITTO

Il ricorso è infondato .

Con il primo motivo di gravame, la società Ecomed deduce che il provvedimento assessorile emanato in data 4 novembre 1991 è affetto da incompetenza .

Ed invero, sia l’assessore all’ambiente che il presidente dell’amministrazione provinciale – che ha controfirmato il provvedimento impugnato in principalità – non avrebbero alcun potere di emanare atti che sono riservati dalla normativa nazionale( il dpr 10/9/1982 n.915) e da quella regionale di settore ( la legge regionale 3/10/1986, n.30) , ad organi collegiali .

La censura non può essere condivisa.

L’art 6 della legge regionale 3 ottobre 1986, n.30, applicabile ratione temporis , nel dettare disposizioni integrative e di prima attuazione del dpr sopra ricordato, individua nella amministrazione provinciale tout court l’ente pubblico territoriale cui devono essere presentati i progetti relativi alla realizzazione di impianti di smaltimento di rifiuti solidi urbani.

L’uso della generica locuzione “ amministrazione provinciale” autorizza l’interprete a ritenere che non sussistano ostacoli alla legittima adozione di un provvedimento che anticipa la volontà dell’ente provinciale con riguardo alla localizzazione di un impianto e di opere edilizie , da parte di suoi organi monocratici come l’assessore all’igiene e all’ambiente, peraltro dotati di specifica delega in materia.

Né può condividersi la prospettazione difensiva che sembra individuare un profilo di autonoma valenza nella aspettativa della ricorrente di edificare manufatti da porre a servizio della discarica di r.s.u.

Va invece sottolineato, in proposito, che anche la realizzazione dei predetti manufatti , oggetto della istanza edilizia della ricorrente, risente della contrarietà al progetto generale a causa dell’indiscutibile vincolo di complementarietà rispetto all’impianto di interramento progettato dalla Ecomed srl.

Anche la seconda censura non può essere accolta.

La società ricorrente lamenta, infatti, che stante il rigido riparto di competenze tra Regione, Provincia e Comune ,stabilito dalla legislazione regionale in materia di rifiuti solidi urbani , non ci sarebbe spazio per ulteriori apporti provvedimentali da parte di soggetti pubblici ulteriori ed esterni a tale assetto di competenze .

Da tanto deriverebbe che sia la delibera del consiglio circoscrizionale quanto la delibera del consiglio provinciale richiamate nel provvedimento impugnato sono illegittime, la prima per non detenere il Consiglio di circoscrizione alcuna potestà sul tema, la seconda per essere l’attività pianificatoria relativa allo smaltimento dei rifiuti riservata alla Giunta Regionale .

Il Collegio osserva, a tal proposito, che, la condivisibile affermazione della rigidità del riparto di competenze in materia di smaltimento dei rifiuti solidi urbani ai sensi della legge reg 30/86 non risulta smentita dal contenuto delle due delibere sopra richiamate.

Né possono scorgersi , nella fattispecie posta al vaglio del Collegio, travalicamenti di competenze ad opera degli organi di governo territoriale chiamati in causa.

Entrambe le delibere su citate non hanno autonomia concettuale, né costituiscono , a ben guardare, apporti procedimentali extra ordinem : esse si risolvono soltanto in elementi di valutazione dei quali la nota assessorile impugnata rende opportunamente conto ai fini della determinazione sfavorevole assunta nei riguardi della ricorrente.

La portata di questi atti amministrativi va, pertanto , correttamente intesa.

Infatti, la delibera del Consiglio circoscrizionale manifesta l’avviso contrario della collettività di riferimento alla localizzazione di una discarica controllata per ragioni connesse verosimilmente al forte impatto ambientale che ne deriva.

Tanto avviene ad opera di un organo assembleare che esercita legittimamente, in sede di indirizzo politico, le sue attribuzioni nel pur ristretto ambito territoriale di competenza che la legge assegna ai consigli di circoscrizione.

Dal canto suo , il provvedimento del consiglio provinciale ha per oggetto , altrettanto legittimamente, l’avvio di una politica di risanamento ambientale su scala provinciale che include , quale aspetto centrale, la proposta di un piano integrato di smaltimento rifiuti solidi urbani da trasmettere alla Regione Puglia, come si legge nel testo della delibera .

Ciò avviene in una cornice di riferimento quale quella della attuazione delle direttive inoltrate dal CIPE in materia di piano triennale per l’ambiente 1989/1991.

Occorre aggiungere che la nota assessorile in questione non si limita alla rappresentazione di due elementi ostativi alla localizzazione dell’impianto di interramento progettato dalla ricorrente .

Invero, l’atto impugnato evidenzia, da un canto, la mancata produzione, da parte della Ecomed s.r.l., della documentazione attestante il possesso dei requisiti , cui era stata subordinata l’approvazione definitiva del provvedimento richiesto; d’altro canto, il fatto che il piano approvato dalla Giunta Regionale per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani , cui la localizzazione del proponente si riferisce, non ha mai acquistato operatività ed è attualmente in corso di rielaborazione.

Le considerazioni sopra svolte sub II permettono di archiviare anche il terzo motivo di ricorso .

La nota assessorile gravata non assegna alle delibere citate una valenza che non hanno ma , conformemente ad un principio di buona amministrazione e di leale informazione al privato richiedente lo ragguaglia in anticipo circa la sussistenza di circostanze sopravvenute che si frappongono alla definitiva approvazione del progetto divisato.

L’insieme delle argomentazioni milita per il rigetto del ricorso.

Non si fa luogo ad alcuna statuizione sulle spese.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, sezione prima di Lecce, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge

Nulla per le spese .

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.

Così deciso in Lecce, in camera di consiglio, il 24 ottobre 2007

-ALDO RAVALLI – PRESIDENTE

-CARLO DIBELLO- ESTENSORE

Pubblicata mediante deposito

in Segreteria il 14 gennaio 2009

Fonte: www.giustizia-amministrativa.it

Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia – Lecce 49/2009

composto dai Signori Magistrati :

Aldo Ravalli PRESIDENTE

Enrico D’Arpe COMPONENTE

Carlo Dibello COMPONENTE rel.

ha pronunziato la seguente :

SENTENZA

su ricorso n. 346/2007 presentato da :

SO.BA.RI.T spa, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Angelo Vantaggiato, ed elettivamente domiciliata presso lo studio del predetto difensore in Lecce, via Zanardelli, 7;

contro

COMUNE DI MELENDUGNO, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’Avv. Alberto M. Durante, ed elettivamente domiciliato presso lo studio del difensore in Lecce, via Garibaldi,43 ;

e nei confronti di

SOCIETA’ SER.FIN , in persona dell’amministratore unico p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Michele Perrone ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avv. Giuseppe Rizzo in Lecce, Piazza Mazzini, 7;

per l’annullamento, previa sospensione dell’efficacia

della delibera del Consiglio Comunale n.50 del 19.12.2006, pubblicata in data 15.01.2007, con la quale il Comune di Melendugno ha affidato alla società “SER.FIN s.r.l.”, iscritta all’albo ex art 53 d.lgs 446/97, l’attività di riscossione dell’ICI, e di ogni altro atto connesso, consequenziale e presupposto;

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Melendugno ;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della controinteressata SER.FIN. s.r.l.; Viste le memorie depositate dalle parti ;

Designato alla pubblica udienza dell’11 luglio 2007 il relatore dr. Carlo Dibello ed uditi altresì l’avv. Angelo Vantaggiato, l’Avv. Alberto M. Durante e l’Avv. Macchione in sostituzione dell’Avv. Michele Perrone;

FATTO

Il Comune di Melendugno , dopo aver affidato in via diretta l’attività di riscossione dell’ICI alla società ricorrente ( a partire dalla approvazione della delibera di Consiglio Comunale n.49 del 25 luglio 2000), prorogandone l’attività fino al 31.12.2006 ha assunto , con il provvedimento gravato, diverso indirizzo .

Più in particolare, l’ente civico, dando atto del sopravvenuto mutamento legislativo in tema di servizio nazionale della riscossione , ha approvato l’affidamento diretto alla società controinteressata SER.FIN srl del servizio di riscossione del tributo sopra citato, trattandosi di società iscritta allo speciale albo di cui all’art 53 del d.lgs 446/97.

La Società ricorrente ha impugnato la delibera in oggetto per i seguenti motivi:

I-ERRATA E FALSA APPLICAZIONE ARTT.42 E 107 DEL D.LGS 267/2000

II-ERRATA APPLICAZIONE DEGLI ARTT.54,57, 58 DEL D.LGS 163/2006-SVIAMENTO DI POTERE

Si è costituito in giudizio il Comune di Melendugno che ha sostenuto la tesi della irricevibilità, improcedibilità, inammissibilità e infondatezza del ricorso, con due memorie versate in atti .

Anche la società SER.FIN ha affidato a scritti difensivi la richiesta di respingimento del ricorso.

All’udienza pubblica dell’11 luglio 2007 la causa è stata assunta in decisione.

DIRITTO

Il ricorso è infondato .

Ed invero, con il primo motivo di gravame, la società ricorrente deduce la incompetenza del Consiglio Comunale .

Siffatta conclusione si imporrebbe alla stregua dell’art 42, lettera e) del d.lgs 267/2000 .

La norma , nel delimitare l’ambito entro il quale l’organo assembleare può legittimamente deliberare l’affidamento di attività o servizi mediante convenzione escluderebbe la possibilità che il Consiglio comunale possa spingersi fino alla individuazione specifica dell’affidatario del servizio.

Tanto sarebbe in linea con la ratio complessiva dell’art 42 e del disegno organizzativo emergente dal T.U.E.L. che collocano in capo ai dirigenti e ai responsabili dei servizi di settore il potere di scelta del contraente, sia in materia di appalti che in fatto di concessioni .

La censura non può essere condivisa.

La lettura del deliberato consiliare che forma oggetto della presente impugnazione si presta ad una interpretazione più articolata di quella offerta dalla difesa di parte ricorrente .

Occorre infatti evidenziare che il Consiglio Comunale di Melendugno ha preso atto:

1. della legislazione sopravvenuta in materia di servizio nazionale della riscossione che, pur prevedendo lo svolgimento del servizio di riscossione da parte di una società appositamente costituita, denominata “Riscossione spa” fino al 31/12/2010, ha conferito agli enti impositori la facoltà di determinarsi diversamente( vedi art 3, comma 25 d.l.30.09.2005, n.203 convertito con modificazioni nella legge 248/2005);
2. della imminente scadenza della convenzione intercorsa con la Sobarit spa( vecchio concessionario territorialmente competente) per la riscossione dell’ICI, prorogata fino alla data del 31.12.2006 ;
3. della conseguente opportunità e convenienza , al fine di assicurare la uniformità nella riscossione e gestione di tutti i tributi comunali, di affidare alla società Ser.fin srl, già aggiudicataria del servizio di riscossione di altre entrate tributarie quali la Tosap e le imposte relative alle pubbliche affissioni, anche il servizio di riscossione dell’ICI, così da convogliare su di un unico gestore le attività connesse alla fase fisiologica ( accertamento e liquidazione) e a quella di esazione dei tributi su base locale.

Il Collegio ritiene ,pertanto, di poter ravvisare nella delibera impugnata, il cui iter argomentativo è stato sopra ripercorso nei suoi tratti salienti , la manifestazione di una precisa volontà politica da parte del massimo organo rappresentativo dell’ amministrazione locale.

Siffatta volontà politica si è puntualmente tradotta in un vero e proprio atto di indirizzo in materia di organizzazione della fiscalità locale, riconducibile alla sfera di attribuzioni del Consiglio Comunale , a mente dell’art 42, lettera E del TUEL.

A sostegno di questa interpretazione milita la volontà del Consiglio Comunale di Melendugno di rinviare ad un successivo accordo ( da stipulare a cura del responsabile del settore economico finanziario ) con il concessionario SER FIN la determinazione dei dettagli del contratto pubblico e la gestione delle diverse forme di riscossione delle entrate non disciplinate dalle convenzioni in essere.

Ciò conferma la linea di demarcazione tra atto , per così dire, a valenza programmatica o di indirizzo amministrativo e successivo atto di gestione da riservare alla competenza dei responsabili dei servizi di settore, che non può dirsi pertanto disconosciuta ai fini del presente ricorso, contrariamente alla tesi propugnata dalla società ricorrente .

Anche la seconda censura non può essere accolta.

Invero, la ritenuta violazione delle disposizioni che il codice dei contratti pubblici( d.lgs 163/2006) dedica alla scelta del contraente e, in principal luogo, il lamentato vulnus al principio del necessario espletamento di una gara per la individuazione del miglior interlocutore contrattuale della parte pubblica non sono ravvisabili nella fattispecie concreta.

Il Consiglio comunale si è infatti giovato della facoltà espressamente contemplata dall’art 57 del d.lgs 163/06.

La norma in esame, nel disciplinare la cosiddetta procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara , e cioè i casi in cui è possibile derogare al principio della necessaria selezione del contraente attraverso procedure aperte , ristrette o negoziate ma operanti nell’alveo di una gara , indica in presenza di quali presupposti la stazione appaltante può aggiudicare un contratto pubblico senza preventiva pubblicazione del bando di gara.

La fattispecie posta al vaglio del Collegio rientra appunto nella previsione normativa racchiusa nell’art 57, comma 5, lettera B del sopra citato decreto legislativo.

Il precetto normativo in esame abilita la stazione appaltante ad avvalersi della procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando di gara :

per nuovi servizi consistenti nella ripetizione di servizi analoghi già affidati all’operatore economico aggiudicatario del contratto iniziale dalla medesima stazione appaltante , a condizione che tali servizi siano conformi a un progetto base e che tale progetto sia stato oggetto di un primo contratto aggiudicato secondo una procedura aperta o ristretta; in questa ipotesi la possibilità del ricorso alla procedura negoziata senza bando è consentita solo nei tre anni successivi alla stipulazione del contratto iniziale e deve essere indicata nel bando del contratto originario; l’importo complessivo stimato dei servizi successivi è computato per la determinazione del valore globale del contratto, fino alle soglie di cui all’articolo 28.

Osserva, a tal punto, il Collegio che il Consiglio Comunale di Melendugno ha legittimamente fatto ricorso alla procedura negoziata di cui all’art 57 , comma 5 lettera B del d.lgs 163/06 , data la sussistenza di tutti i presupposti previsti dalla norma per l’accesso allo speciale procedimento di individuazione del contraente .

Detti presupposti vanno ravvisati :a) nella analogia tra il nuovo servizio affidato in via diretta e quelli già aggiudicati dalla medesima stazione appaltante in sede di contratto iniziale;b) nella conformità del nuovo servizio ad un progetto base che deve essere stato vagliato dalla stazione appaltante in sede di contratto iniziale;c) nella previsione dell’impiego della procedura semplificata entro i tre anni dalla stipula del contratto iniziale; d) nel contenimento del valore del contratto iniziale con l’aggiunta di quello stipulato in estensione, fino alle soglie di cui all’art 28 del d.lgs 163/2006 .

Dette condizioni appaiono soddisfatte nel caso di specie tenuto conto della similitudine esistente tra la riscossione della Tosap(tassa occupazione suolo pubblico), delle imposte sulla pubblicità e pubbliche affissioni ( già aggiudicate alla Ser.Fin con contratto stipulato dopo apposita procedura ad evidenza pubblica)e la riscossione dell’ICI,stante la riconducibilità dei tributi in questione al catalogo delle entrate tributarie.

Deve ritenersi poi sussistente la conformità del nuovo servizio al progetto base vagliato dal comune di Melendugno in sede di contratto iniziale .

Lo stesso consiglio comunale dà atto, nel corpo della delibera impugnata, di avere proficuamente sperimentato la collaborazione con la società Ser.Fin per la gestione e riscossione dei tributi già affidate dopo espletamento di pubblica gara secondo il progetto presentato dal concessionario .

Deve poi sottolinearsi che l’affidamento diretto del servizio di riscossione dell’ICI alla società contro interessata risulta approvato con la delibera censurata nei tre anni successivi alla stipulazione del contratto iniziale( intercorso tra il Comune di Melendugno e la Ser.Fin in data 21 dicembre 2005) .

Infine, pure rispettata è la condizione del contenimento del valore globale del contratto entro i limiti di cui all’art 28 del d.lgs 163 del 2006, non superandosi il tetto complessivo di € 211.000,00.

E’ dunque legittimo il ricorso , da parte di un Comune , alla procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara, ai sensi dell’art 57, comma 5 lettera B del d.lgs 163/2006, al fine di affidare il servizio di riscossione dell’ICI a società diversa dal concessionario nazionale della riscossione(ovvero a soggetto diverso dal concessionario territorialmente competente), che sia risultata già aggiudicataria di analoghi servizi di riscossione di entrate tributarie per conto del medesimo ente civico( Tosap, Imposta di pubblicità e di pubbliche affissioni, Iciap), una volta che sia valutata la conformità dei nuovi servizi da aggiudicare ad un progetto base vagliato favorevolmente dalla stazione appaltante in sede di contratto iniziale, e a condizione che il contratto pubblico globalmente considerato( contratto iniziale +nuovi servizi) non superi il valore di 211.000 €, né sia siglato decorso il triennio dalla stipula del contratto originario.

Né può mancare di rimarcarsi che il Comune di Melendugno, non diversamente da altri enti pubblici territoriali , si è avvalso legittimamente della potestà regolamentare generale in materia di entrate tributarie ai sensi dell’art 52 del d.lgs 15 dicembre 1997, n.446, ivi inclusa la disciplina dell’accertamento e della riscossione dei tributi e delle altre entrate.

Sicchè, pur volendo per un attimo prescindere dalla possibilità di avvalersi dell’affidamento diretto del servizio di riscossione dell’ICI , in ampliamento di servizi analoghi già appaltati alla controinteressata , così come previsto dall’art 57 del d.lgs 163/2006, giova rilevare che l’ente civico ha proceduto all’affidamento diretto della riscossione dell’ICI alla predetta società nel quadro di un riordino del sistema di fiscalità locale che ha privilegiato, tra le modalità di riscossione dell’ICI, quella della cd ingiunzione fiscale, con ciò affrancandosi dall’affidamento del servizio di riscossione al concessionario nazionale.

Alla stregua delle suesposte argomentazioni, il ricorso va , pertanto, respinto.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza e vanno poste a carico di parte ricorrente in misura pari a € 2.000,00 in favore del Comune di Melendugno e di € 2.000,00 in favore della Ser.Fin srl .

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, sezione di Lecce, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge .

Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio che liquida in € 2.000,00 in favore del Comune di Melendugno e di € 2.000,00 in favore della Ser.Fin srl .

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.

Così deciso in Lecce, in camera di consiglio, l’ 11 luglio 2007

– ALDO RAVALLI- PRESIDENTE

-CARLO DIBELLO- ESTENSORE

Pubblicata mediante deposito

in Segreteria il 14 gennaio 2009

Fonte: www.giustizia-amministrativa.it