Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia-Sezione di Lecce 1082/2008

econda Sezione
ANNO 2008

Composto dai Signori Magistrati:

Luigi Costantini Presidente

Enrico d’Arpe Componente est.

Giuseppe Esposito Componente

ha pronunziato la seguente

SENTENZA

sul ricorso n° 1082/2008 presentato dal Sig. Muhamadi Nahem, rappresentato e difeso dall’Avv. Marco D’Antonio, presso il cui Studio in Lecce, Via Manzoni n° 1, è elettivamente domiciliato,

contro

il Ministero dell’Interno, in persona del Ministro in carica, e la Questura di Brindisi, in persona del Questore pro-tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura distrettuale dello Stato,

per l’annullamento

* del provvedimento prot. n° 96657 del 25 Giugno 2008 del Ministero dell’Interno (Dipartimento per le Libertà Civili e l’Immigrazione, Unità Dublino) di trasferimento in Grecia dell’extracomunitario ricorrente, ai sensi del Regolamento Comunitario n° 343 del 2003, sostitutivo della c.d. Convenzione Dublino, notificato al predetto ricorrente dalla Questura di Brindisi in data 7 Luglio 2008;
* di tutti gli atti connessi, presupposti e/o consequenziali.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Avvocatura erariale;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Designato alla pubblica udienza del 15 Gennaio 2009 il Relatore Cons. Dr. Enrico d’Arpe; e uditi, altresì, l’Avv. Marco D’Antonio per il ricorrente e l’Avvocato dello Stato Antonella Roberti per l’Amministrazione resistente.

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO E DIRITTO

L’extracomunitario ricorrente (afghano) – presente irregolarmente sul territorio nazionale – impugna il provvedimento del Ministero dell’Interno (Dipartimento per le Libertà Civili e l’Immigrazione, Unità Dublino) prot. n° 96657 del 25 Giugno 2008 (notificatogli in data 7 Luglio 2008) statuente il suo trasferimento in Grecia, ai sensi dell’art. 10.1 del Regolamento CE n° 343/2003 (sostitutivo della c.d. Convenzione Dublino), per l’esame a cura del predetto Paese della sua istanza diretta ad ottenere lo status di rifugiato (con la motivazione che “la Grecia è un Paese terzo sicuro e non ravvisandosi particolari motivi che potrebbero indurre l’Italia ad assumere la competenza ai sensi dell’art. 3.2 del Regolamento Dublino II”), nonché gli atti consequenziali: tra cui l’ordine della Questura di Brindisi di presentarsi presso l’Ufficio Immigrazione il 17 Luglio 2008 per il trasferimento in Grecia (Paese competente per l’esame della domanda di asilo politico).

A sostegno dell’impugnazione interposta sono stati formulati i seguenti motivi di gravame.

1) Vizio di legittimità per violazione degli artt. 7 e 8 Legge n° 241/1990 e 3 comma quarto Regolamento CE n° 343 del 2003.

2) Violazione di gravi motivi umanitari – Posizione dell’UNHCR sul rinvio di richiedenti asilo in Grecia.

3) Insufficiente e contraddittoria motivazione.

Dopo avere diffusamente illustrato il fondamento in diritto della pretesa azionata, il ricorrente concludeva chiedendo, oltre all’annullamento dei provvedimenti impugnati, la dichiarazione che l’Italia è l’unico Stato competente a decidere sulla sua richiesta di asilo politico.

Si è costituita in giudizio per le Autorità intimate l’Avvocatura distrettuale dello Stato, depositando una breve memoria difensiva con la quale ha chiesto la declaratoria di inammissibilità ed in ogni caso la reiezione del ricorso.

Il ricorrente ha presentato, in via incidentale, istanza di sospensione dell’efficacia degli atti impugnati, che è stata accolta da questa Sezione con ordinanza n° 699 del 31 Luglio 2008.

Con istanza depositata in Segreteria in data 4 Novembre 2008, il difensore del ricorrente ha fatto presente che è venuto meno l’interesse del suo cliente alla prosecuzione del giudizio chiedendo la declaratoria dell’avvenuta cessazione della materia del contendere.

Alla pubblica udienza del 15 Gennaio 2009, su richiesta di parte, la causa è stata posta in decisione

Il ricorso è divenuto improcedibile per cessazione della materia del contendere.

Il Collegio, premesso che l’istanza cautelare presentata dal ricorrente è stata accolta da questo Tribunale con l’ordinanza n° 699 del 31 Luglio 2008 sulla base della seguente motivazione: “…. tra i motivi di gravame formulati in ricorso appare fondata la censura avverso il provvedimento ministeriale impugnato incentrata sulla carenza di adeguata motivazione relativa alle ragioni che potrebbero indurre l’Italia ad assumere la competenza ai sensi dell’art. 3.2 del Regolamento CE n° 343/2003, poiché non si tiene conto di quanto segnalato (nelle Raccomandazioni del 15 Aprile 2008) dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati circa la necessità – allo stato – di non rinviare in Grecia (per la carenza in loco di una tutela effettiva dei loro diritti in linea con gli standards internazionali ed europei) i richiedenti asilo politico in applicazione del Regolamento Dublino”, rileva che risulta per tabulas che il Ministero dell’Interno, Dipartimento per le Libertà Civili e l’Immigrazione, Unità Dublino – con l’esibito sopravvenuto provvedimento del 14 Ottobre 2008 – ha (implicitamente) revocato in autotutela la determinazione impugnata, riconoscendo l’Italia quale Stato competente all’esame della richiesta di asilo politico presentata dal ricorrente.

Pertanto, essendo stato eliminato il provvedimento impugnato ed emanato un atto completamente satisfattorio dell’interesse azionato dal ricorrente (che ha fatto venir meno l’oggetto sostanziale della controversia), non resta al Tribunale che dare atto dell’avvenuta cessazione della materia del contendere.

Sussistono giusti motivi per disporre la compensazione integrale tra le parti delle spese processuali, anche per l’impossibilità di porre a carico della parte (virtualmente) soccombente, che è un’Amministrazione dello Stato, la rifusione delle spese inerenti la parte ammessa al patrocinio ordinandone il pagamento in favore dello Stato, come previsto dall’art. 133 del D.P.R. 30 Maggio 2002 n° 115 e ss.mm..

Si delega il Consigliere Relatore a provvedere alla liquidazione, con separato decreto di pagamento ex art. 82 del D.P.R. 30 Maggio 2002 n° 115, dell’onorario, dei diritti e delle spese spettanti, a carico dell’erario, al difensore del ricorrente (ammesso al beneficio del patrocinio a spese dello Stato) per la fase cautelare e di merito del presente giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia – Seconda Sezione di Lecce – definitivamente pronunciando sul ricorso indicato in epigrafe, lo dichiara improcedibile per cessazione della materia del contendere.

Spese compensate.

Delega il Consigliere Relatore a provvedere alla liquidazione, con separato decreto di pagamento ex art. 82 del D.P.R. 30 Maggio 2002 n° 115, dell’onorario, dei diritti e delle spese spettanti, a carico dell’erario, al difensore del ricorrente (ammesso al beneficio del patrocinio a spese dello Stato) per la fase cautelare e di merito del presente giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dalla Autorità Amministrativa.

Così deciso in Lecce nella Camera di Consiglio del 15 Gennaio 2009.

Dr. Luigi Costantini – Presidente

Dr. Enrico d’Arpe – Consigliere Relatore ed Estensore

Pubblicata il 31 gennaio 2009

Fonte: www.giustizia-amministrativa.it

Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia-Sezione Prima di Lecce

Seconda Sezione
ANNO 1994

Composto dai Signori Magistrati:

Luigi Costantini Presidente

Enrico d’Arpe Componente est.

Giuseppe Esposito Componente

ha pronunziato la seguente

SENTENZA

sul ricorso n° 2731/1994 presentato dalla Sig.ra Albanese Maria Antonietta, rappresentata e difesa dall’Avv. Giuseppe Pio Capogrosso ed elettivamente domiciliata in Lecce, Via Principi di Savoia n° 66, presso lo Studio dell’Avv. Paolo Fumarola,

contro

la Unità Sanitaria Locale TA/4 di Taranto, in persona del suo legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Pietro Quinto,

per l’annullamento

* della nota prot. n° 7686 del 9 Giugno 1994 dell’Amministratore Straordinario della U.S.L. TA/4, seguita all’atto di diffida a provvedere del 1° Giugno 1994 con il quale la ricorrente chiedeva l’attribuzione della qualifica funzionale di Vice Direttore Amministrativo, con trattamento economico e giuridico del 9° livello, con decorrenza dal 3 Luglio 1981, nonché la ricostruzione della carriera e il pagamento delle differenze retributive dalla data del 3 Luglio 1981 sino al 31 Dicembre 1992, oltre interessi e rivalutazione monetaria;
* di ogni altro atto presupposto, connesso o consequenziale;

e per la condanna

della Unità Sanitaria Locale TA/4 di Taranto al pagamento delle differenze retributive tra la 9^ o, in subordine, l’8^ qualifica funzionale e la 7^ qualifica funzionale, dal 3 Luglio 1981 al 31 Dicembre 1992, oltre interessi e rivalutazione monetaria.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della Unità Sanitaria Locale TA/4 di Taranto;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Designato alla pubblica udienza del 15 Gennaio 2009 il Relatore Cons. Dr. Enrico d’Arpe; e uditi, altresì, l’Avv. Giuseppe Pio Capogrosso per la ricorrente e l’Avv. Anna Rita Marasco, in sostituzione dell’Avv. Pietro Quinto, per l’Amministrazione resistente.

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO E DIRITTO

La ricorrente – dipendente di ruolo (all’epoca dei fatti di causa) della Unità Sanitaria Locale TA/4 di Taranto inquadrata nella qualifica di Collaboratore Amministrativo (7° livello economico-funzionale) – impugna la nota prot. n° 7686 del 9 Giugno 1994 dell’Amministratore Straordinario della U.S.L. TA/4 di rigetto dell’istanza/diffida del 1° Giugno 1994 tendente ad ottenere l’attribuzione (ai fini giuridici ed economici) della qualifica funzionale di Vice Direttore Amministrativo (9° livello economico-funzionale) con decorrenza dal 3 Luglio 1981, nonché la ricostruzione della carriera e il pagamento delle differenze retributive dalla data del 3 Luglio 1981 sino al 31 Dicembre 1992, oltre interessi e rivalutazione monetaria. Chiede, altresì, la condanna della Unità Sanitaria Locale intimata al pagamento delle differenze retributive tra la 9^ o, in subordine, l’8^ qualifica funzionale e la 7^ qualifica funzionale, dal 3 Luglio 1981 al 31 Dicembre 1992, oltre interessi e rivalutazione monetaria.

La ricorrente, dopo avere diffusamente illustrato il fondamento in diritto della pretesa azionata (pur non rubricando specifici motivi di gravame), concludeva come riportato in epigrafe.

Si è costituita in giudizio la Unità Sanitaria Locale TA/4 di Taranto, depositando una memoria difensiva con la quale ha puntualmente replicato alle argomentazioni della controparte, concludendo per la declaratoria di inammissibilità ed in ogni caso per la reiezione del ricorso.

La ricorrente ha presentato, in via incidentale, istanza cautelare che è stata accolta limitatamente da questa Sezione con ordinanza n° 1682 dell’11-13 Ottobre 1994 (riformata in appello dalla V Sezione del Consiglio di Stato, con ordinanza n° 126 del 31 Gennaio 1995).

Alla pubblica udienza del 15 Gennaio 2009, su richiesta di parte, la causa è stata posta in decisione

Il ricorso è in parte inammissibile e per la restante parte infondato.

In primo luogo, la pretesa di inquadramento nella superiore qualifica di Vice Direttore Amministrativo (9° livello) sostanzialmente azionata dalla ricorrente è radicalmente inammissibile, in quanto – notoriamente – nel pubblico impiego è inammissibile un’azione di accertamento delle mansioni volta a conseguire un diverso inquadramento se (come nella fattispecie concreta oggetto del presente giudizio) non tempestivamente rivolta avverso i provvedimenti (autoritativi) di formale inquadramento nella qualifica rivestita dal dipendente, posto che il dipendente è titolare a fronte della potestà di carattere organizzatorio della Pubblica Amministrazione di una posizione di mero interesse legittimo (ex plurimis: Consiglio di Stato, VI Sezione, 29 Maggio 2008 n° 2543).

La domanda (subordinata) finalizzata alla corresponsione delle differenze retributive correlate all’asserito prolungato (dal 3 Luglio 1981 al 31 Dicembre 1992) fattuale espletamento delle mansioni superiori di Vice Direttore Amministrativo, presso l’Ufficio Pensioni del Servizio Amministrazione del Personale della Unità Sanitaria Locale TA/4 di Taranto, è palesemente infondata e va respinta.

Osserva in proposito il Collegio che è possibile prescindere da ogni questione inerente l’effettivo concreto svolgimento da parte della ricorrente delle indicate mansioni superiori a quelle tipiche della qualifica di Collaboratore Amministrativo formalmente rivestita dalla stessa e l’esistenza (o meno) del corrispondente posto vacante nella pianta organica della Unità Sanitaria Locale resistente (vigente ratione temporis), considerato che, alla stregua dell’insegnamento giurisprudenziale consolidato e condivisibile, stante il carattere formale che contrassegna l’organizzazione della Pubblica Amministrazione (compresa quella del Servizio Sanitario Nazionale), non è comunque tutelabile la pretesa di un dipendente sanitario di ottenere una retribuzione differenziata per l’espletamento di mansioni superiori, se queste (come nel caso di specie) non sono state conferite dall’organo della Unità Sanitaria Locale competente ex lege alla gestione del personale (nel tempo: Comitato di gestione, Amministratore Straordinario, Direttore Generale), all’uopo non potendo bastare un mero ordine di servizio pur se proveniente dal Presidente del Comitato di gestione della U.S.L. (ex multis: Consiglio di Stato, V Sezione, 23 Gennaio 2008 n° 134; 4 Ottobre 2005 n° 5292; 9 Giugno 2003 n° 3235; 15 Aprile 2002 n° 1997; 2 Luglio 2001 n° 3565; 20 Marzo 2000 n° 1506; 18 Maggio 1998 n° 608).

E’ stato, infatti, condivisibilmente chiarito dalla giurisprudenza amministrativa che presupposto indefettibile per la rilevanza, ai fini retributivi, dell’esercizio di mansioni superiori da parte dei dipendenti sanitari è l’attribuzione di un incarico con previo provvedimento formale “ad hoc” promanante dal Comitato di gestione della Unità Sanitaria Locale, essendo invece ontologicamente inidonei gli atti provenienti da altri organi (privi di competenza istituzionale in materia di gestione del personale) come il Presidente di tale Comitato, il Direttore Amministrativo o il Direttore Sanitario, ed in ogni caso senza possibilità di atti informali e tanto meno ricognitivi “ex post” (Cfr: Consiglio di Stato, V Sezione, 23 Febbraio 2000 n° 941; 25 Gennaio 1995 n° 131; T.A.R. Molise, 11 Febbraio 2002 n° 81).

Ora, nella vicenda concreta all’esame del Tribunale, si è in presenza di un mero (informale) ordine di servizio del Presidente del Comitato di gestione della U.S.L. TA/4 di Taranto, emesso peraltro solo in data 20 Giugno 1990 (in presenza di pretese mansioni superiori, che sarebbero state svolte dalla dipendente di che trattasi a partire dal 3 Luglio 1981), nel mentre l’ulteriore ordine di servizio presidenziale del 3 Luglio 1981 attribuisce alla predetta l’espletamento presso l’Ufficio Pensioni di mansioni lavorative attinenti alla qualifica di Collaboratore Amministrativo formalmente posseduta.

Per le ragioni sopra illustrate il ricorso deve essere respinto ed in parte anche dichiarato inammissibile.

Sussistono giusti motivi per disporre la compensazione integrale tra le parti delle spese processuali.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia – Seconda Sezione di Lecce – definitivamente pronunciando sul ricorso indicato in epigrafe, lo respinge, dichiarandolo altresì parzialmente inammissibile, nei sensi precisati in motivazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dalla Autorità Amministrativa.

Così deciso in Lecce nella Camera di Consiglio del 15 Gennaio 2009.

Dr. Luigi Costantini – Presidente

Dr. Enrico d’Arpe – Consigliere Relatore ed Estensore

Pubblicata il 31 gennaio 2009

Fonte: www.giustizia-amministrativa.it

Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia-Sezione di Lecce 2624/1994

Seconda Sezione
ANNO 1994

Composto dai Signori Magistrati:

Luigi Costantini Presidente

Enrico d’Arpe Componente est.

Giuseppe Esposito Componente

ha pronunziato la seguente

SENTENZA

sul ricorso n° 2624/1994 presentato dal Dr. Antonucci Giovanni, rappresentato e difeso dall’Avv. Lorenzo Durano ed elettivamente domiciliato in Lecce, Via Augusto Imperatore n° 16, presso lo Studio dell’Avv. Giovanni Pellegrino,

contro

la Unità Sanitaria Locale BR/4 di Brindisi, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Donato Musa,

per l’annullamento

* del silenzio rifiuto tenuto dalla Unità Sanitaria Locale BR/4 di Brindisi sulla diffida, notificata in data 10 Giugno 1994, con la quale il Dr. Antonucci chiedeva la corresponsione delle differenze retributive, relative alle mansioni superiori di fatto esercitate, a far tempo dal 31 Ottobre 1992 e sino a tutto il 15 Agosto 1993;
* di ogni altro atto presupposto, conseguente o comunque connesso;

e per l’accertamento e la declaratoria

del diritto del ricorrente a percepire le differenze retributive tra la qualifica di Primario e quella di Aiuto di ruolo con decorrenza dal 31 Ottobre 1992 e sino a tutto il 15 Agosto 1993, oltre ad ogni altra indennità spettante in ragione del possesso della qualifica primariale; con rivalutazione monetaria e interessi dalla data di maturazione del credito e sino al soddisfo e con la conseguente regolarizzazione anche ai fini previdenziali ed assistenziali della diversa posizione del ricorrente; e con condanna dell’Amministrazione al pagamento delle somme dovute.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della Amministrazione intimata;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Designato alla pubblica udienza del 15 Gennaio 2009 il Relatore Cons. Dr. Enrico d’Arpe; e udita, altresì, l’Avv. Valeria Pellegrino, in sostituzione dell’Avv. Lorenzo Durano, per il ricorrente.

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO E DIRITTO

Il ricorrente – Aiuto corresponsabile di ruolo presso il Reparto di Ortopedia e Traumatologia dell’Ospedale “A. Di Summa” di Brindisi (all’epoca dei fatti di causa P.O. della U.S.L. BR/4 di Brindisi) – impugna il silenzio rifiuto serbato dalla Unità Sanitaria Locale BR/4 di Brindisi sull’istanza diffida notificata in data 10 Giugno 1994 tendente ad ottenere le differenze retributive correlate allo svolgimento delle superiori mansioni di Primario in relazione al periodo dal 31 Ottobre 1992 (data di inizio di espletamento 1° Settembre 1992) sino al 15 Agosto 1993 (data di cessazione 12 Dicembre 1993). Chiede, altresì, la declaratoria del suo diritto in tal senso ed a percepire ogni altra indennità spettante in ragione del possesso della qualifica primariale, oltre rivalutazione monetaria e interessi, dalla data di maturazione del credito e sino al soddisfo, con la consequenziale regolarizzazione anche ai fini previdenziali ed assistenziali e la condanna dell’Unità Sanitaria Locale intimata al pagamento delle somme dovute.

A sostegno del ricorso sono stati formulati i seguenti motivi di gravame.

1) Violazione dei principi di buona amministrazione di cui agli artt. 2 e 3 della Legge n° 241/1990.

2) Violazione e falsa applicazione dell’art. 36 Costituzione, dell’art. 2126 Codice Civile, dell’art. 29 D.P.R. n° 761/1979, dell’art. 121 D.P.R. n° 384/1990, dell’art. 7 D.P.R. n° 128/1969 – Eccesso di potere per illogicità e contraddittorietà.

Dopo avere diffusamente illustrato il fondamento in diritto della pretesa azionata, il ricorrente concludeva come riportato in epigrafe.

Si è costituita in giudizio la Gestione Liquidatoria della soppressa Unità Sanitaria Locale BR/4 di Brindisi, depositando una memoria difensiva con la quale ha replicato alle argomentazioni della controparte, concludendo per la reiezione del ricorso.

Il ricorrente ha presentato, in via incidentale, istanza cautelare che è stata accolta limitatamente da questa Sezione con ordinanza n° 343 del 4-7 Marzo1997.

Alla pubblica udienza del 15 Gennaio 2009, su richiesta di parte, la causa è stata posta in decisione

Il ricorso è fondato e va accolto.

In via preliminare, osserva il Collegio che vertendosi in tema di diritti soggettivi di carattere patrimoniale la pretesa azionata dal pubblico dipendente ricorrente va correttamente qualificata come una domanda di accertamento e di condanna (senza che sia configurabile l’allegato silenzio rifiuto dell’Amministrazione sanitaria resistente).

Il ricorrente sostiene che la Unità Sanitaria Locale BR/4 di Brindisi avrebbe errato nel ritenere (implicitamente) quella effettuata dal ricorrente una ordinaria sostituzione vicaria del Primario di Ortopedia e Traumatologia del P.O. “A. Di Summa”, come tale rientrante tra i compiti funzionali della propria posizione, in quanto nella fattispecie in esame si configura invece uno svolgimento di mansioni superiori su posto apicale vacante.

L’assunto può essere condiviso.

Dalla documentazione versata in atti (delibera dell’Amministratore Straordinario della U.S.L. BR/4 di Brindisi n° 2047 del 30 Dicembre 1993) emerge – con sufficiente chiarezza – da un lato, che il ricorrente (Aiuto corresponsabile ospedaliero di ruolo) ha effettivamente svolto le funzioni superiori primariali a decorrere dal 1° Settembre 1992 e sino al 12 Dicembre 1993, e, dall’altro, che il posto di Primario del Reparto di Ortopedia e Traumatologia dell’Ospedale “A. Di Summa” di Brindisi si è reso vacante nella dotazione organica uslina a partire dalla predetta data del 1° Settembre 1992, tanto che per tale posto è stato bandito regolare concorso pubblico con deliberazione n° 1583 dell’11 Settembre 1992 della Unità Sanitaria Locale resistente.

La sostituzione vicaria, invece, ha luogo nel (diverso) caso di assenza o impedimento meramente temporanei del titolare (ad esempio, per ferie o per malattia), ipotesi nella quale la sostituzione rientra tra gli ordinari compiti della posizione funzionale del sostituto.

Una volta che il posto apicale (di XI° livello) si è reso vacante e disponibile in pianta organica, lo svolgimento delle mansioni primariali, da parte del medico inquadrato in posizione funzionale intermedia (X° livello) comporta, secondo ormai costante orientamento giurisprudenziale (cfr. Consiglio di Stato, V Sezione, 10 Luglio 2008 n° 3428; 31 Dicembre 2007 n° 6832; 22 Ottobre 2007 n° 5486; 12 Aprile 2005, n° 1640; 20 Ottobre 2004 n° 6784; 16 Settembre 2004 n° 6009; 2 Settembre 2004 n° 5740; 12 Maggio 2003 n° 2507; 5 Novembre 2002 n° 6017; 20 Ottobre 2000 n° 5650; 18 Agosto 1998 n° 1270; T.A.R. Puglia Lecce, II Sezione, 12 Settembre 2006 n° 4417), il riconoscimento del relativo trattamento economico, indipendentemente da ogni atto organizzativo da parte dell’Amministrazione, in quanto non è raffigurabile l’ipotesi di una struttura sanitaria ospedaliera che rimanga priva dell’organo di vertice responsabile dell’attività esercitata nel suo ambito.

Tale conseguenza discende, innanzitutto, dall’art. 29 del D.P.R. 20 Dicembre 1979 n° 761, il quale dispone nel senso (secondo comma) che in caso di esigenze di servizio, l’impiegato del Servizio Sanitario Nazionale “può eccezionalmente essere adibito a mansioni superiori”, che l’assegnazione non può eccedere i sessanta giorni nell’anno solare e che (terzo comma) non costituisce esercizio di mansioni superiori la sostituzione di personale in posizione funzionale più elevata, quando la sostituzione rientri fra i compiti ordinari di quella sottostante, sicché, per converso, come ha posto in luce la giurisprudenza amministrativa consolidata, non può rientrare nelle ipotesi descritte l’esercizio di mansioni per vacanza del posto, di tal che la protrazione dell’attività è riferibile unicamente ad inerzia del datore di lavoro e non può essere fatta ricadere sul dipendente che è tenuto ad osservare l’obbligo fattogli dalla legge (vedi anche art. 7 del D.P.R. 27 Marzo 1969 n° 128).

Va, inoltre, considerato il disposto dell’art. 121, settimo comma, del D.P.R. 28 Novembre 1990 n° 384, ai sensi del quale l’incarico di mansioni superiori comporta il compenso, eccetto che per i primi sessanta giorni, per un periodo fino a sei mesi, per cui, anche in relazione a questa regola, il superamento del termine di sei mesi, come fatto riconducibile ad attività e ad obblighi imposti alla Pubblica Amministrazione, e da questa non osservati, non fa venir meno lo svolgimento di mansioni, che vanno, perciò, riconosciute sul piano economico, sempre in dipendenza dell’obbligo di prestazione gravante sul medico, non rilevando se le stesse siano o meno esercitate in modo prevalente.

Infatti, l’insegnamento giurisprudenziale preferibile considera che il trattamento retributivo corrispondente a mansioni superiori spetta al sanitario anche quando l’incarico si protragga oltre il termine massimo di sei mesi previsto dall’art. 121 settimo comma del D.P.R. 28 Novembre 1990 n° 384, posto che quest’ultima previsione normativa si limita a vietarne il rinnovo alla scadenza del periodo massimo di sei mesi, ma non preclude il riconoscimento della spettanza delle differenze retributive quando l’Amministrazione sanitaria, contravvenendo a tale divieto, rinnovi l’incarico o permetta comunque la prosecuzione dell’espletamento delle mansioni superiori anche oltre il tempo massimo previsto (ex multis: Consiglio di Stato, V Sezione, 24 Ottobre 2006 n° 6341; 29 Maggio 2006 n° 3234; 21 Settembre 2005 n° 4943; 29 Gennaio 2004 n° 298).

In altri termini, ai fini del riconoscimento delle differenze retributive, nel caso di svolgimento da parte dell’Aiuto delle funzioni superiori di Primario, è sufficiente che le mansioni superiori siano state svolte su posto vacante in pianta organica e che sussista l’obbligo dell’Aiuto di esercitarle (in tal senso: Consiglio di Stato, V Sezione, 22 Ottobre 2007 n° 5486).

Il ricorso va, perciò, accolto e, per l’effetto, deve essere riconosciuto il diritto del ricorrente al trattamento retributivo correlato all’effettivo svolgimento delle mansioni superiori primariali (ossia le invocate differenze retributive tra il trattamento economico iniziale spettante al Primario ospedaliero e quello spettante all’Aiuto corresponsabile), a partire dal 31 Ottobre 1992 (esclusi, quindi, i primi 60 giorni) e sino al 15 Agosto 1993 (risultando già liquidate le differenze retributive inerenti il periodo temporale dal 16 Agosto 1993 al 12 Dicembre 1993), oltre gli interessi legali e la rivalutazione monetaria secondo indici I.S.T.A.T., dalla maturazione al soddisfo, trattandosi di crediti retributivi maturati antecedentemente al 31 Dicembre 1994 (Cfr: Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, 15 Giugno 1998 n° 3), e la conseguente regolarizzazione ai fini previdenziali ed assistenziali.

Per le ragioni che precedono il ricorso deve quindi essere accolto, nei sensi sopra precisati.

Sussistono giusti motivi per disporre la compensazione integrale tra le parti delle spese processuali.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia – Seconda Sezione di Lecce – definitivamente pronunciando sul ricorso indicato in epigrafe, lo accoglie e per l’effetto dichiara il diritto del ricorrente a percepire dalla Gestione Liquidatoria della ex Unità Sanitaria Locale BR/4 di Brindisi il trattamento retributivo correlato all’effettivo svolgimento delle mansioni superiori primariali (ossia le differenze retributive tra il trattamento economico iniziale spettante al Primario ospedaliero e quello spettante all’Aiuto corresponsabile), a partire dal 31 Ottobre 1992 (esclusi, quindi, i primi 60 giorni) e sino al 15 Agosto 1993, oltre gli interessi legali e la rivalutazione monetaria secondo indici I.S.T.A.T., dalla maturazione del credito fino al soddisfo, con la conseguente regolarizzazione ai fini previdenziali ed assistenziali della diversa posizione del ricorrente e la condanna in tal senso dell’Amministrazione intimata.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dalla Autorità Amministrativa.

Così deciso in Lecce nella Camera di Consiglio del 15 Gennaio 2009.

Dr. Luigi Costantini – Presidente

Dr. Enrico d’Arpe – Consigliere Relatore ed Estensore

Pubblicata il 31 gennaio 2009

Fonte: www.giustizia-amministrativa.it

Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia-Sezione di Lecce 1374/1993

Seconda Sezione
ANNO 1993

Composto dai Signori Magistrati:

Luigi Costantini Presidente

Enrico d’Arpe Componente est.

Giuseppe Esposito Componente

ha pronunziato la seguente

SENTENZA

sul ricorso n° 1374/1993 presentato dal Centro Radiologico Monosi – Amati & C. S.a.s., in persona del legale rappresentante pro-tempore Sig.ra Giuliana Amati, rappresentata e difesa dal Prof. Avv. Ernesto Sticchi Damiani, presso il cui Studio in Lecce, Via 95° Rgt. Fanteria n° 9, è elettivamente domiciliata,

contro

– la Unità Sanitaria Locale LE/1 di Lecce, in persona del legale rappresentante pro-tempore, non costituita in giudizio;

– la Regione Puglia, in persona del Presidente pro-tempore della Giunta Regionale, già rappresentata e difesa dall’Avv. Edoardo Panese;

per l’annullamento

* del provvedimento dell’Amministratore Straordinario della U.S.L. LE/1 di Lecce prot. n° 10049 del 24 Marzo 1993;
* di ogni altro atto presupposto, connesso e comunque consequenziale, e in particolare:
* della Circolare dell’Assessore Regionale alla Sanità n° 4/93 del 24 Febbraio 1993, prot. n° 24/5626/116/16;
* della Circolare dell’Assessore Regionale alla Sanità n° 4/92, approvata dalla Giunta Regionale Pugliese con atto n° 617 del 13 Marzo 1992.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della Regione Puglia;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Vista la sentenza di questo T.A.R. n° 1276 del 6 Maggio 2008;

Visto l’atto di riassunzione del giudizio notificato in data 5-6 Novembre 2008;

Visti gli atti tutti della causa;

Designato alla pubblica udienza del 15 Gennaio 2009 il Relatore Cons. Dr. Enrico d’Arpe; e udito, altresì, il Prof. Avv. Ernesto Sticchi Damiani per la Società ricorrente.

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO E DIRITTO

Il Centro Radiologico Monosi – Amati & C. S.a.s. impugna il provvedimento dell’Amministratore Straordinario della Unità Sanitaria Locale LE/1 di Lecce prot. n° 10049 del 24 Marzo 1993, contenente la comunicazione della revoca del rapporto convenzionale esterno in essere per la branca specialistica di Radiologia medica con la Società ricorrente e la diffida ad astenersi immediatamente dall’erogare prestazioni di radiologia in regime di convenzionamento esterno ad assistiti del Servizio Sanitario Nazionale (con la motivazione che “il Prof. Antonio Monosi già titolare del rapporto convenzionale ad personam non risulta più corresponsabile nella nuova gestione societaria, così come comunicato con la nota del 1° Marzo 1993”), nonché ogni altro atto connesso ed in particolare le richiamate Circolari dell’Assessorato Regionale alla Sanità n° 4/93 del 24 Febbraio 1993 e n° 4/92 (quest’ultima approvata dalla Giunta Regionale Pugliese con delibera n° 617 del 13 Marzo 1992), statuenti la direttiva che, nell’ipotesi di trasformazione della gestione da individuale a societaria, il recesso del titolare originario del rapporto convenzionale comporta la decadenza della convenzione con il Servizio Sanitario Nazionale.

A sostegno dell’impugnazione interposta è stato formulato il seguente articolato motivo di gravame.

1) Falsa ed erronea applicazione del punto 2 del D.P.R. 16 Maggio 1980, nonché dell’art. 4 secondo comma della Legge 30 Dicembre 1991 n° 412 – Eccesso di potere per falsa ed erronea presupposizione – Ingiustizia manifesta.

Dopo avere diffusamente illustrato il fondamento in diritto della pretesa azionata, la ricorrente concludeva come riportato in epigrafe.

Si è costituita in giudizio soltanto la Regione Puglia, depositando una memoria difensiva con la quale ha replicato alle argomentazioni della controparte, concludendo per la reiezione del ricorso.

La Società ricorrente ha presentato, in via incidentale, istanza di sospensione dell’efficacia dei provvedimenti impugnati, che è stata accolta da questa Sezione con ordinanza n° 771 del 3-8 Giugno 1993.

Con sentenza n° 1276 del 6 Maggio 2008 è stata dichiarata l’interruzione del giudizio per l’avvenuta morte dell’Avv. Edoardo Panese, difensore costituito per la Regione Puglia.

La Società ricorrente, con atto notificato alle controparti in data 5-6 Novembre 2008, ha provveduto a riassumere il giudizio.

Alla pubblica udienza del 15 Gennaio 2009, su richiesta di parte, la causa è stata posta in decisione.

In via preliminare, premesso che con sentenza n° 1276 del 6 Maggio 2008 questa Sezione ha dichiarato l’interruzione del giudizio per l’avvenuta morte del difensore della Regione resistente, osserva il Collegio che la parte ricorrente ha tempestivamente e ritualmente provveduto, ai sensi dell’art. 24 secondo comma della Legge 6 Dicembre 1971 n° 1034, alla riassunzione del processo con apposito atto notificato a tutte le controparti in data 5-6 Novembre 2008 (e quindi, tenuto conto della sospensione feriale dei termini processuali, entro il termine di sei mesi dalla conoscenza legale dell’evento interruttivo, acquisita in occasione della pubblica udienza del 17 Aprile 2008, in cui si è proceduto all’annotazione a verbale, alla presenza del difensore della parte ricorrente, dell’avvenuto decesso dell’Avv. Edoardo Panese).

E’ noto, infatti, che la disciplina dettata dall’art. 24 della Legge 6 Dicembre 1971 n° 1034 va integrata con il disposto delle reiterate pronunce della Corte Costituzionale in base alle quali il termine per la riassunzione del processo, interrotto per morte del difensore, decorre non dal momento in cui l’evento si è verificato ma solo dal giorno in cui l’evento stesso sia venuto a conoscenza della parte interessata alla riassunzione in forma legale (Cfr.: Consiglio di Stato, V Sezione, 4 Marzo 2008 n° 898).

Nel merito, il ricorso è fondato e va accolto.

La questione della possibilità di mutamenti della titolarità dei rapporti di convenzionamento esterno con il Servizio Sanitario Nazionale per l’erogazione di prestazioni sanitarie specialistiche (originariamente regolati dagli artt. 26 e 48 della Legge 23 Dicembre 1978 n° 833) ha impegnato lungamente la giurisprudenza, in ragione del fatto che, ad onta delle previsioni della menzionata legge istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale – la quale si muoveva in un’ottica tradizionale, prevedendo che i rapporti di convenzionamento potessero essere instaurati solo con persone fisiche, eccettuato il caso delle prestazioni di riabilitazione, regolate dal predetto art. 26, trattandosi di rapporti fondati sull’intuitus personae e vigendo le norme degli artt. 99 e ss. del Testo Unico delle Leggi Sanitarie n° 1265/1934 – già in sede di recepimento (ai sensi dell’art. 48 Legge n° 833/1978) dell’A.C.N. del 22 Febbraio 1980, il D.P.R. 16 Maggio 1980 aveva introdotto una fondamentale innovazione nel sistema.

Infatti, al punto 2 il citato D.P.R. 16 Maggio 1980 prevede “Qualora il professionista convenzionato trasformi, durante la validità del presente accordo, la propria attività da gestione individuale a gestione societaria, alla nuova struttura viene automaticamente trasferito, a domanda e nell’ambito della stessa branca convenzionata, il rapporto precedente, purché il titolare originario rimanga corresponsabilizzato nella nuova gestione.

Il trasferimento automatico della convenzione alla nuova struttura è comunque assicurato nei casi di decesso, di invalidità permanente e di insorgenti incompatibilità o limitazioni professionali del titolare originario della convenzione, imposte dalla legge.

Al verificarsi di quanto previsto nei due commi precedenti, l’automaticità del trasferimento della convenzione è subordinata al possesso dei requisiti richiesti per l’esercizio professionale nella branca convenzionata”.

Tale innovazione normativa fu sùbito colta dalla giurisprudenza amministrativa, come comprovato da numerose decisioni (ex multis, T.A.R. Puglia Lecce, II Sezione, 21 Marzo 1991, n° 257) in cui si afferma che, a seguito dell’istituzione del Servizio Sanitario Nazionale ed in vigenza del D.P.R. 16 Maggio 1980, deve ritenersi ammissibile il trasferimento in capo ad una società di una preesistente convenzione stipulata con un sanitario, a titolo individuale e personale, ove detto sanitario, originario titolare (e socio della società di nuova istituzione), rimanga corresponsabile della nuova gestione.

Peraltro, il sistema di “congelamento” dei rapporti convenzionali introdotto dagli artt. 3 e seguenti del successivo D.P.R. 23 Marzo 1988 n° 120 (che recepisce l’A.C.N. relativo al triennio 1985/1988) non influisce sul meccanismo di trasformazione previsto dall’art. 2 del D.P.R. 16 Maggio 1980, ma solo sulla possiblità della P.A. di instaurare ulteriori rapporti di convenzionamento con strutture private (T.A.R. Puglia Bari, I Sezione, 12 Maggio 1992 n° 295).

In sede di legislazione di fonte primaria, tale innovazione è stata poi definitivamente sancita dall’art. 4, comma secondo, della Legge 30 Dicembre 1991 n° 412, il quale dispone che “Le Regioni, con apposito provvedimento programmatorio di carattere generale anche a stralcio del piano sanitario regionale, possono dichiarare la decadenza delle convenzioni in atto per la specialistica esterna e con le case di cura e rideterminare il fabbisogno di attività convenzionate necessarie per assicurare i livelli obbligatori uniformi di assistenza, nel rispetto delle indicazioni di cui agli articoli 9 e 10 della legge 23 Ottobre 1985, n° 595. Le convenzioni possono essere stipulate anche con istituzioni sanitarie private gestite da persone fisiche e da società che erogano prestazioni poliambulatoriali, di laboratorio generale e specialistico in materia di analisi chimico-cliniche, di diagnostica per immagini, di medicina fisica e riabilitazione, di terapia radiante ambulatoriale, di medicina nucleare in vivo e in vitro. Dette istituzioni sanitarie sono sottoposte al regime di autorizzazione e vigilanza sanitaria di cui all’articolo 43 della legge 23 dicembre 1978, n. 833 , e devono avere un direttore sanitario o tecnico, che risponde personalmente dell’organizzazione tecnica e funzionale dei servizi e del possesso dei prescritti titoli professionali da parte del personale che ivi opera”.

Peraltro, la norma da ultimo citata trova un antecedente specifico nell’art. 19, comma secondo, della Legge 11 Marzo 1988 n° 67, il quale prevede che “Tutte le strutture autorizzate a fornire le prestazioni di cui al comma 1 e già convenzionate al 31 Gennaio 1988 con il Servizio sanitario nazionale, anche se in forma societaria, restano convenzionate con il Servizio sanitario nazionale sino all’entrata in vigore di una nuova disciplina organica della materia e comunque non oltre il 31 Marzo 1989”, con ciò evidentemente consentendo che le attività sanitarie erogate, in regime di convenzionamento esterno, dai privati possano essere gestite anche da società, oltre che dai singoli professionisti.

Se così è, ne consegue che le Regioni, all’epoca dei fatti, non potevano che disciplinare la materia (di legislazione concorrente) in aderenza ai principi fondamentali della normativa statale, fra i quali vi è anche quello per cui può essere mutata la titolarità (da gestione individuale a gestione societaria) dei rapporti convenzionali esterni.

Tale principio, affermato per la prima volta dal D.P.R. 16 Maggio 1980, è stato poi conservato senza soluzione di continuità anche dalla normazione primaria di settore, fino al definitivo riconoscimento operato dal soprariportato art. 4 secondo comma della Legge n° 412/1991.

Alle Regioni era consentito ovviamente di legiferare su altri aspetti della complessa materia sanitaria, ed in particolare sugli aspetti attinenti il controllo della spesa.

In tale contesto, pertanto, la disposizione dell’art. 6 quinto comma della Legge Regionale Pugliese 25 Giugno 1991 n° 5 (“Sono altresì vietate le autorizzazioni regionali relative ad ampliamenti, a trasformazioni delle tipologie assistenziali e a mutamenti di titolarità delle convenzioni in atto per tutti i settori indicati nel precedente quarto comma”) va interpretata tenendo conto della ratio complessiva della legge e della sedes materiae: trattandosi di disposizioni finalizzate al contenimento della spesa, i previsti divieti di mutamento della titolarità dei rapporti convenzionali non possono che riguardare tutte e solo quelle modifiche che hanno come effetto una sicura variazione in aumento del volume e/o della tipologia delle prestazioni e/o della spesa, il che è confermato, sotto altro profilo, dalla circostanza che i divieti sono posti in relazione alla futura approvazione del Piano Sanitario Regionale.

In altri termini, la citata norma regionale persegue un duplice obiettivo: contenimento della spesa e “congelamento” del mercato nelle more dell’approvazione del Piano Sanitario Regionale (al fine di evitare che qualche operatore, approfittando della situazione, ampli la quota di mercato e ponga poi la Regione di fronte al fatto compiuto, condizionando quindi il contenuto dell’emanando Piano).

Pertanto, l’art. 6 quinto comma della Legge Regionale n° 5/1991 va interpretato nel senso che i mutamenti di titolarità delle gestioni individuali sono vietati solo se implicano certe variazioni in aumento della spesa sanitaria e/o del volume e/o della tipologia delle prestazioni erogate dalle strutture private.

Quanto alla connessa questione, inerente la necessità di dichiarare la revoca/decadenza della convenzione qualora il titolare originario, successivamente alla conseguita trasformazione, abbia reciso ogni rapporto di corresponsabilizzazione con la costituita Società, deve, in primo luogo, rilevarsi che, nella specie, la trasformazione del rapporto convenzionale da gestione individuale a gestione societaria era stata richiesta dal Dr. Antonio Monosi nell’anno 1992 ed autorizzata espressamente dalla U.S.L. LE/1 con provvedimento n° 909 del 22 Febbraio 1993 (in relazione alla S.a.s. Studio Radiologico Prof. Antonio Monosi & C.) ed, in secondo luogo che, la rilevata situazione di incompatibilità dell’originario titolare Dr. Monosi, era successivamente insorta (essendo divenute operative, a far tempo dal 1° Gennaio 1993, le disposizioni contenute nell’art. 4 settimo comma della Legge n° 412/1991, in tema di incompatibilità).

A ciò consegue, che il caso in esame risulta regolato dal citato punto 2 del D.P.R. 16 Maggio 1980 il quale, dopo aver disposto che “Qualora il professionista convenzionato trasformi, durante la validità del presente accordo, la propria attività da gestione individuale a gestione societaria, alla nuova struttura viene automaticamente trasferito, a domanda e nell’ambito della stessa branca convenzionata, il rapporto precedente, purché il titolare originario rimanga corresponsabilizzato nella nuova gestione”, purtuttavia aggiunge che “il trasferimento automatico della convenzione alla nuova struttura è comunque assicurato nei casi di decesso, di invalidità permanente e di insorgenti incompatibilità o limitazioni professionali del titolare originario della convenzione, imposte dalla legge” (in tal senso: T.A.R. Puglia Lecce, II Sezione, 11 Febbraio 2008 n° 430).

Tale circostanza induce quindi il Collegio a ritenere la illegittimità della impugnata determinazione di revoca, in quanto adottata in violazione e falsa applicazione dell’art. 2 del D.P.R. 16 Maggio 1980 (che ha reso esecutivo l’Accordo Collettivo Nazionale, stipulato il 22 Febbraio 1980, ai sensi dell’art. 48 della Legge n° 833/1978, per l’erogazione di prestazioni sanitarie specialistiche in regime di convenzionamento esterno).

Difatti, se la menzionata disposizione regolamentare ha stabilito che le convenzioni con singoli professionisti possano trasferirsi automaticamente, per effetto della sola domanda degli interessati, a strutture societarie nella cui gestione il predetto professionista “rimanga corresponsabilizzato”, ha pure aggiunto che non possa disporsi la decadenza della convenzione nel caso in cui, trasferita regolarmente la convenzione, l’originario titolare sia venuto meno per una delle ragioni ivi contemplate (fra le quali rientra espressamente l’ipotesi della sopravvenuta incompatibilità).

D’altra parte, l’insegnamento giurisprudenziale prevalente e condivisibile ha chiarito che “in caso di insorgenti incompatibilità del professionista convenzionato, per la trasformazione automatica del rapporto di convenzionamento esterno, dalla gestione individuale alla gestione societaria, non è richiesta la corresponsabilità del titolare originario della convenzione nella nuova gestione” (cfr. Consiglio di Stato, V Sezione, 20 Dicembre 1996 n° 1574).

Per le ragioni che precedono il ricorso deve quindi essere accolto.

Sussistono giusti motivi (la complessità delle questioni giuridiche oggetto del giudizio) per disporre la compensazione integrale tra le parti delle spese processuali.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia – Seconda Sezione di Lecce – definitivamente pronunciando sul ricorso indicato in epigrafe, lo accoglie e per l’effetto annulla i provvedimenti impugnati.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dalla Autorità Amministrativa.

Così deciso in Lecce nella Camera di Consiglio del 15 Gennaio 2009.

Dr. Luigi Costantini – Presidente

Dr. Enrico d’Arpe – Consigliere Relatore ed Estensore

Pubblicata il 31 gennaio 2009

Fonte: www.giustizia-amministrativa.it