Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 02-02-2012, n. 1459

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Z.C. chiede l’annullamento della sentenza della Corte d’appello di Roma, pubblicata il 7 settembre 2006, che ha rigettato il suo appello nei confronti della decisione del Tribunale di Roma che aveva a sua volta rigettato il suo ricorso.

Z.C. fu assunto come pilota da Alitalia spa l’8 giugno 1999.

Gli fu riconosciuta un’anzianità convenzionale dal 15 maggio 1990, come per altri piloti già in servizio presso la compagnia aerea Sisam.

Prima della sua assunzione, in data 3 giugno 1998 Alitalia aveva stipulato un accordo nel quale si prevedeva la partecipazione azionaria del personale per un ammontare di 520 miliardi di lire.

Tale partecipazione veniva prevista in favore del personale dipendente di Alitalia o di società del gruppo "in servizio" alla data del 1 giugno 1998. La società erogò ai propri dipendenti un importo netto di 55.900.000 finalizzato all’acquisto di 55.900 azioni.

Il ricorrente chiese di partecipare alla distribuzione di tali azioni, ma la sua richiesta venne respinta perchè egli il 1 giugno 1998 non era ancora nè dipendente di Alitalia, nè di società del gruppo Alitalia.

Egli convenne la società in giudizio, ma tanto il Tribunale che la Corte d’appello hanno rigettato la sua domanda.

Il ricorso è articolato in cinque motivi.

Alitalia linee aeree italiane spa si è difesa con controricorso ed ha depositato una memoria per l’udienza.

Con il primo motivo si denunzia il vizio di motivazione "insufficiente" in ordine al fatto che l’accordo indichi in via tassativa i beneficiari della partecipazione azionaria.

Con il secondo motivo si denunzia il vizio di motivazione "insufficiente" in ordine alla affermazione della sentenza per la quale la Sisam spa non ha mai fatto parte del gruppo Alitalia e violazione di norme di diritto in materia di società controllate facenti parte di gruppi societari.

I due motivi devono essere esaminati congiuntamente perchè poggiano sul presupposto comune che la Sisam faccia parte del gruppo Alitalia, presupposto che la sentenza avrebbe negato in violazione di norme di legge.

Tale censura di violazione di legge è inammissibile perchè non vengono specificate le norme di diritto che sarebbero state violate dalla sentenza e si utilizza genericamente la formula "gruppo di imprese" senza indicare il dato normativo di riferimento. D’altro canto, rimane non censurata la affermazione decisiva della sentenza di primo e di secondo grado per la quale la Sisam è diventata a partecipazione Alitalia "e Finmeccanica". Va poi rimarcato che la sentenza aggiunge, comunque, che nell’elenco delle società ai dipendenti delle quali l’accordo conferiva le azioni non c’era la Sisam.

Quanto ai pretesi vizi di "insufficiente" motivazione, dietro lo schermo del vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, si propone quella che non è altro che una diversa valutazione ed interpretazione dei testi contrattuali. Peraltro, in violazione del principio di autosufficienza del ricorso, non vengono riportati i testi degli accordi e, in violazione del preciso disposto codicistico in tale senso, non viene specificato quali regole ermeneutiche, tra quelle dettate dagli artt. 1362 e ss. c.c., sarebbero state violate. In ogni caso, non è insufficiente l’argomentazione con la quale la sentenza motiva il carattere tassativo della elencazione di società i cui dipendenti sono destinatari del diritto e il carattere esaustivo dell’accordo.

Con il terzo motivo si denunzia vizio di insufficiente e (questa volta anche) contraddittoria motivazione relativamente all’interpretazione del contratto di assunzione del Z., nella parte in cui fa retroagire l’assunzione al 15 maggio 1990 e in tal modo, secondo il ricorrente, gli consente di rientrare tra i beneficiari dell’accordo del 1998. Anche in questo caso la motivazione non può dirsi nè insufficiente, nè contraddittoria.

Unico punto critico è costituito dal fatto che la sentenza, con un evidente errore, fa riferimento alla situazione del sig. G., collega e ricorrente in causa analoga, anch’egli dipendente della Sisam, poi passato ad Alitalia. Ma il palese errore non inficia, rendendola insufficiente e contraddittoria, la motivazione della decisione, che conserva la sua capacità di spiegare il fondamento della decisione.

Con il quarto motivo si denunzia mancata pronunzia sul motivo di appello relativo alla erronea interpretazione della mancanza della presentazione della scheda di adesione al piano da parte dell’appellante.

Il motivo è inammissibile perchè denunzia una violazione di legge senza indicare le norme violate, senza formulare il quesito di diritto e, in violazione del criterio di autosufficienza del ricorso, non riporta in modo puntuale il contenuto del motivo di appello su cui vi sarebbe stata omissione di pronuncia. Nè si rileva un interesse del ricorrente a lamentarsi del fatto che non confermando sul punto la sentenza di primo grado la Corte sostanzialmente gli ha dato ragione.

Vi è infine un ultima parte del ricorso rubricata come "sussistenza della legittimazione passiva dell’Alitalia" di cui non è dato comprendere se costituisce un ulteriore motivo di ricorso, ma che in ogni caso risulta palesemente generico e quindi anch’esso inammissibile.

I motivi, pertanto, sono tutti inammissibili.

Le spese del giudizio di cassazione devono essere poste a carico della parte soccombente.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in 90,00 nonchè 5.000,00 Euro per onorari, oltre IVA, CPA e spese generali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

T.A.R. Lazio Roma Sez. II, Sent., 07-11-2011, n. 8517 Esclusioni dal concorso

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Premesso che la ricorrente ha partecipato al concorso, per titoli ed esami, per l’ammissione di 400 allievi marescialli all’83° corso presso la scuola Ispettori e Sovrintendenti della Guardia di Finanza per l’anno accademico 2011/2012 e, dopo avere superato la prova preliminare e la prova scritta, è stata esclusa perché giudicata non idonea dalla sottocommissione competente per l’accertamento dell’idoneità psicofisica con la seguente motivazione "presenza di protesi mammaria bilaterale in situ";

Ritenuto che, ai sensi dell’art. 16 del bando, l’accertamento dell’idoneità fisica dei candidati deve essere rapportato ai profili sanitari di cui al decreto ministeriale 17 maggio 2000, n. 155 il quale, in allegato, reca l’elenco delle imperfezioni ed infermità che sono causa di non idoneità al servizio militare;

Ritenuto che al punto 14 del citato allegato (rubricato Mammella) sono indicate, quali cause di esclusione, "le patologie ed i loro esiti della ghiandola mammaria che siano causa di rilevanti disturbi funzionali";

Ritenuto che la mera presenza della protesi mammaria non può dunque costituire causa di esclusione dell’idoneità fisica perché non costituisce una patologia in sé e, comunque, in mancanza di una puntuale verifica sulla possibile connessione causale con rilevanti disturbi funzionali agli organi interessati;

Ritenuto quindi che il provvedimento impugnato è illegittimo per violazione del citato decreto ministeriale in quanto motivato con riferimento ad una circostanza che non costituisce, di per sé, patologia implicante un disturbo funzionale agli organi interessati e a prescindere da ogni verifica specifica in ordine alla effettiva funzionalità degli organi;

Ritenuto che anche il regolamento del Comando generale, oggetto di impugnativa, deve essere considerato illegittimo nella parte in cui indica come causa di inidoneità fisica la protesi mammaria, ampliando così le fattispecie previste dal D.M. 17 maggio 2000 che individua in maniera puntuale le patologie rilevanti e relative all’organo della mammella, ricollegandole ai difetti funzionali implicati;

Ritenuto che il ricorso è fondato e va accolto, con conseguente pronuncia di annullamento degli atti impugnati;

Ritenuto che le spese di giudizio possono essere interamente compensate fra le parti in ragione della natura della controversia;

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie secondo quanto indicato in parte motiva e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati.

Compensa spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 12-10-2011) 25-10-2011, n. 38697 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ordinanza in data 22/2/2011 il Tribunale di Catanzaro, adito dall’indagato M.F. in sede di riesame ai sensi dell’art. 309 c.p.p., confermava la misura cautelare della custodia in carcere, inflitta al predetto con ordinanza in data 10/1/2011 del G.I.P. del Tribunale in sede per l’ipotesi di reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art.74 (capo 24 della rubrica).

L’indagine prendeva le mosse dalle operazioni di monitoraggio dell’utenza telefonica in uso a N.A. in riferimento ad una presunta vicenda usuraria in danno del predetto, dalle quali emergeva come costui, trovato in possesso di gr. 22,2 di cocaina e di altro materiale, abitualmente utilizzato per il confezionamento di dosi di stupefacente, fosse dedito ad una intensa attività di spaccio e come intorno a lui gravitassero una serie di altri personaggi, tutti coinvolti a vario titolo nel traffico illecito da lui gestito. Nel prosieguo delle investigazioni veniva attivato un servizio di riprese audio-video all’interno di un capannone, ubicato in (OMISSIS) ed in uso ai fratelli S., che emergeva essere la base logistica dell’organizzazione, utilizzata dai sodali per l’occultamento e il confezionamento di quantitativi di stupefacenti e dai dati risultanti da tale attività di monitoraggio telefonico ed ambientale, oltre che di localizzazione del territorio l’ipotesi investigativa prendeva forma e si poteva pervenire alla identificazione degli indagati attraverso la intestazione delle singole utenze, il riconoscimento ad opera degli operanti delle voci captate e la capillare conoscenza dei rapporti di parentela o affinità. In molti casi i contenuti delle captazioni, pertinenti al narcotraffico erano oggettivamente riscontrati dagli esiti dei servizi di o.p.c., dalle operazioni di perquisizione, sequestro di stupefacenti e arresti dei corrieri e dei detentori di stupefacenti e dalle dichiarazioni rese dagli acquirenti della droga. Si perveniva così alla prova indiziaria dell’esistenza di una stabile struttura associativa, connotata di quei requisiti tipici della fattispecie di cui all’art. 74 cit., attiva nel settore della cocaina e dell’hashish, avente sede e basi logistiche per il deposito, la custodia, la manipolazione e l’occultamento in (OMISSIS) e in (OMISSIS) presso domicili, locali e luoghi di pertinenza a vario titolo nella disponibilità dei sodali, operante stabilmente in aree della provincia di Vibo Valentia, quale epicentro del traffico, con fonti di approvvigionamento in aree territoriali nevralgiche del narcotraffico calabrese, nonchè nell’interland milanese, utilizzando quali mezzi di comunicazione apparati telefonici cellulari, finalizzata alla commercializzazione di numerosi quantitativi anche ingenti di stupefacenti, appellati in gergo: pitta, caramellino, legno, gomma, nafta bulloni, pezzi di ricambio etc. …., disponendo per i collegamenti e gli spostamenti dei sodali di un vero e proprio parco autovetture, spesso noleggiate presso l’agenzia SA.MA.RENT. di Lamezia Termine, all’interno della quale agiva il dipendente S.S., anch’egli coindagato, predisponendo un sistema di costante controllo e contrasto di eventuali interventi di appartenenti alle forze dell’ordine ovvero operazioni di bonifica degli ambienti sospettati di essere monitorati dagli inquirenti.

In motivazione il giudice del riesame condivideva il giudizio di gravità indiziaria, delineatosi a carico del M.F., cui era assegnato il ruolo di partecipe del sodalizio, pienamente consapevole della natura illecita delle attività gestite dall’organizzazione, alla quale offriva la sua costante e incondizionata disponibilità a soddisfare ogni genere di richiesta dei vertici del sodalizio e a sbrigare ogni incombenza affidatagli, in particolare coadiuvando oltre che con i fratelli S. con l’associato C.G., fidato collaboratore di altro personaggio di spicco dell’associazione, C.G.. A conferma della intraneità del ricorrente nel sodalizio criminosa valorizzava le conversazioni, nelle quali il prevenuto, oltre a trovarsi insieme con il capo e ad assecondarne ogni sua richiesta, si adopera per reperire la strumentazione tecnica necessaria per contrastare eventuali sistemi di monitoraggio predisposte dalla p.g., per svolgere servizi di staffetta ad altri associati, impegnati nel trasporto degli stupefacenti. Quanto al quadro cautelare evidenziava l’esigenza cautelare ex art. 274 c.p.p., lett. c), richiamando il profilo delinquenziale dell’indagato, non altrimenti tutelabile se non con la misura cautelare e evocava la presunzione legale della adeguatezza della massima misura cautelare in forza del titolo del reato.

Contro tale decisione ricorre l’indagata a mezzo del suo difensore, il quale con il primo motivo a sostegno della richiesta di annullamento denuncia l’inosservanza o erronea applicazione della legge penale in riferimento alla corretta valutazione degli elementi costitutivi del reato ex art. 74 cit., che i giudici del merito avevano operato, senza tener conto dei criteri e dei canoni interpretativi dettati dalla giurisprudenza di legittimità in materia sia sotto il profilo della condotta di partecipazione, sia sotto il profilo psicologico dell’affectio societatis e della consapevolezza di agire, perseguendo i fini dell’organizzazione.

Con il secondo motivo lamenta il vizio di motivazione in riferimento alla disamina della gravità del quadro indiziario delineatosi a carico dell’indagata e sostiene che la generica rassegna degli indizi descrittivi della tipicità della condotta, corrispondenti alla disponibilità di soddisfare ogni genere di richiesta del vertice dell’associazione, ai contatti con i fratelli S. e C. G., alla segnalazione della presenza delle forze dell’ordine e allo svolgimento del ruolo di staffetta, non si rilevava idonea a delineare la condotta di partecipazione o a focalizzare l’effettivo contributo alla realizzazione degli obiettivi e al soddisfacimento delle esigenze della compagine criminosa. Non poteva dirsi soddisfatto il requisito della costanza e della sistematicità, che qualifica la condotta di partecipazione, nè era dato apprezzare quale strumento di selezione avesse consentito al Tribunale di ritenere le descritte condotte strumentali alla soddisfazione del fine collettivo, piuttosto che a contingenze proprie del singolo associato.

Deduce con il terzo motivo analogo vizio di motivazione in riferimento alla mancata giustificazione dell’applicazione della massima misura cautelare e al giudizio di adeguatezza della misura.

Il ricorso è inammissibile, giacchè le censure proposte sono dirette a ottenere una rilettura delle risultanze processuali e una rivalutazione della consistenza indiziaria e delle circostanze poste dal giudice della cautela a fondamento della custodia cautelare in carcere, condivise e fatte proprie dal Tribunale, come sintetizzate in narrativa con specifico riferimento alle censure formulate dal ricorrente. Gli argomenti sviluppati dal giudice del riesame danno adeguatamente conto dell’esistenza dell’associazione finalizzata al narcotraffico nel territorio di Vibo Valentia, nonchè della partecipazione ad essa dell’indagato e del ruolo ricoperto dal predetto all’interno di tale sodalizio criminoso e del contributo reso alla operatività dell’organizzazione.

Infatti il percorso argomentativo, sebbene riproduca in parte le motivazioni del provvedimento cautelare e ne sintetizza i contenuti significativi e condivisi dal Tribunale, è completo, logicamente corretto e privo di aporie, laddove pone in risalto gli elementi per i quali il M.F. fosse da ritenersi partecipe dell’organizzazione criminosa e consapevole del suo ruolo di esecutore di ordini, collaboratore dei fratelli S. e degli altri capi del sodalizio, nonchè esperto in sistemi di monitoraggio e nelle misure atte a contrastarli.

Va poi ricordato che il controllo di legittimità sulla motivazione delle ordinanze in tema di procedimenti incidentali, relativi alla libertà personale non può riguardare la verifica della rispondenza delle argomentazioni, poste a fondamento della decisione impugnata alle acquisizioni processuali, provvedendosi così ad una rilettura degli elementi di fatto, atteso che la relativa valutazione è riservata in via esclusiva al giudice del merito.

Principio quest’ultimo che non può non valere anche per l’asserito travisamento del fatto, riferito alla verifica della consistenza indiziaria e la significato di essa in relazione all’oggetto dell’accusa.

Questa Corte ha già più volte ribadito che il controllo di legittimità sulla motivazione delle ordinanze di riesame dei provvedimenti restrittivi della libertà personale, dopo le modifiche apportare dalla L. n. 46 del 2005, art. 8, non può consistere in una rilettura degli elementi di fatto, posti a fondamento della decisione, il cui apprezzamento è riservato in via esclusiva al giudice del merito, senza che possa integrare il vizio di motivazione la prospettazione di una diversa e, per il ricorrente più adeguata, valutazione del quadro indiziario.

Del resto la valutazione della gravità indiziaria che – avvenendo nel contesto incidentale del procedimento de libertate, e, quindi, allo stato degli atti, cioè sulla base di materiale conoscitivo in itinere – deve essere orientata ad acquisire non la certezza, ma la elevata probabilità di colpevolezza dell’indagato.

Completezza e coerenza della motivazione, in tale contesto valutativo, rendono dunque inammissibile il sindacato richiesto a questa Corte di legittimità, anche in riferimento al quadro cautelare, nonostante la recente declaratoria di incostituzionalità della norma di cui all’art. 275 c.p.p., comma 3, sul punto.

Segue alla declaratoria di inammissibilità la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento in favore della cassa delle ammende della somma, ritenuta di giustizia ex art. 616 c.p.p., di Euro 1.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

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Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 26-10-2011) 11-11-2011, n. 41183

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il P.M. presso il tribunale di Locri ricorre per cassazione avverso l’ordinanza 7.4.2011 del tribunale di Reggio Calabria che, in sede di riesame dell’ordinanza di custodia in carcere emessa il 15.10.2011 dal gip del tribunale di Locri nei confronti di L.R. indagato dei reati di detenzione di pistola e ricettazione dell’arma, dichiarava l’inefficacia della misura per non rinvenirsi nel fascicolo del P.M., il verbale dell’interrogatorio di garanzia dell’indagato ai sensi dell’art. 294 c.p.p. nè fono-registrato nè in forma riassuntiva.

Il ricorrente, con unico motivo di ricorso, denuncia con fondamento l’illegittimità del provvedimento per essere stato trasmesso il verbale dell’interrogatorio dell’indagato arrestato, reso in forma riassuntiva in sede di udienza di convalida alla presenza del proprio difensore di fiducia. Invero l’audizione dell’arrestato o del fermato nel giudizio di convalida, condotta dal giudice con le modalità di cui agli artt. 64 e 65 c.p.p., al fine di accertare le condizioni generali per l’applicabilità delle misure cautelari, la sussistenza delle esigenze cautelari e l’adeguatezza della misura, attua le finalità di garanzie proprie dell’interrogatorio, che, pertanto, qualora sia applicata una misura cautelare, non deve necessariamente essere ripetuto (v., per tutte, Sez. 6, 9.4/22.5.1991, Nangaro, Rv 187264)-.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata e dispone la trasmissione degli atti al tribunale dei Reggio Calabria per il giudizio di riesame. Si comunichi per quanto di competenza al Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Locri.

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